Vasco: bentornati, finalmente di nuovo insieme
Erano tre anni che la ‘combriccola’ aspettava. E stasera l’abbraccio tra il Blasco e il suo popolo è stato totale. E liberatorio. In 120mila si sono dati appuntamento a Trento (nella nuovissima e anche contestata Trentino Music Arena) per la partenza del Vasco Live. Il tour che porta il rocker in giro per l’Italia, con 11 date tutte sold out (660mila biglietti venduti, compresi quelli per il doppio appuntamento al Circo Massimo l’11 e 12 giugno). Un boato ha accolto Vasco sul palco, appena il buio è iniziato a calare sullo spazio verde (27mila metri quadri di musica, sudore, emozioni). Un boato risuonato nella valle che accoglie l’Arena, incastonata tra le montagne del Trentino. E lui, il Komandante, il sorriso sornione e scanzonato di sempre, l’andatura inconfondibile, il cappellino immancabile, non si è risparmiato: due ore e mezzo di rock – una pausa di dieci minuti per rifiatare – e una trentina di canzoni in puro stile Vasco che hanno fatto dimenticare le ore di attesa passate sotto al sole cocente, i malori, il traffico che ha mandato in tilt mezza Trento (e che ha costretto a far slittare il concerto di 30 minuti per permettere a tutti di entrare – ma dopo un’altra mezz’ora c’era ancora gente che a piedi cercava di raggiungere l’immenso pratone), i parcheggi a 4 km dal palco. “Ciao, ciao a tutti. Benvenuti, ben tornati, ben arrivati. Vivi, sani e lucidi. Finalmente, finalmente, finalmente di nuovo insieme. Finalmente a Trento”, è stato il benvenuto che ha dato ai 120mila, dopo essere partiti con XI Comandamento, uno dei brani contenuti nell’ultimo disco “Siamo qui”, uscito a novembre. Del resto ha pescato tanto dall’ultimo lavoro: da La pioggia alla domenica a L’amore L’amore, per arrivare a Una canzone d’amore buttata via e nei bis Siamo qui. “Siete fantastici, quanto mi siete mancati. Era tempo che volevo farvi sentire queste canzoni. Finalmente, non ci credevo quasi più: sono molto eccitato. Incredibile, è stata lunga però siamo ancora qua, evviva. Eh, sì”, ha rilanciato poco dopo, mostrandosi su quel palco mastodontico (90 metri di lunghezza per 28 di altezza) in gran forma – 70 anni festeggiati a febbraio -, nonostante i tre anni di stop e l’emozione che ogni tanto ha fatto capolino tra i vecchi successi (anche quelli ripescati direttamente dagli anni Ottanta come Ti Taglio la Gola, Toffee o Siamo soli – “ma siamo in tanti”) e le irrinunciabili ballate come Stupendo e Un Senso. Su Rewind il consueto lancio di reggiseni e ragazze in topless a favore di maxischermo, mentre nell’accenno di Delusa ha sostituito il nome di Berlusconi a quello di Boncompagni nel testo originale che faceva riferimento alle ragazze di Non è la Rai (“Quel Berlusconi là,,,”). “Il Popolo del Blasco: il loro entusiasmo è la mia benzina”, è il modo in cui – con una scritta durante Senza parole – Vasco omaggia il suo esercito in musica. Una festa per lasciarsi alle spalle due anni complicati, ma anche per far passare messaggi quanto mai necessari: “Fuck the war. Fanculo la guerra” – è il suo appello contro la guerra, accolto dall’ovazione della platea, durante Sballi ravvicinati del terzo tipo, quando sul palco arriva anche al basso il fido Gallo, Claudio Golinelli -. Noi siamo contro la guerra, contro tutte le guerre, perché tutte le guerre sono contro la civiltà. Tutte le guerre sono contro l’umanità, contro le donne, contro i bambini, contro gli anziani. E la musica è contro la guerra. Pace, amore e musica – invita il rocker -. Facciamo l’amore. L’amore e la musica”. Ma incredibilmente attuali sono anche l’arrabbiata C’è chi dice no e gli Spari sopra, dichiarando così la sua solidarietà con chi sta soffrendo per la guerra (mentre una gigantesca piovra tentacolare appare sugli enormi maxischermi alle sue spalle). Ma la festa è festa, e i fuochi d’artificio sugellano il finale. Dopo Siamo solo noi, Vita Spericolata e l’accenno di Canzone che sfuma nell’immancabile chiusura con Albachiara.