«Tutti al riparo in 8 minuti» Nei bunker delle scuole corsi di tiro e primo soccorso
di di Viviana Mazza. inviata a Kiev
La preside racconta: «Le pareti sono state ridipinte con colori allegri per suscitare la curiosità dei bambini». Sotterranei obbligatori e di dimensioni adeguate al numero degli studenti
Tra i palazzoni sovietici del quartiere povero di Troyeshchyna, sul lato sinistro del fiume Dnepr, l’infermiera Tetyana aspetta all’uscita della scuola le figlie di 5 e 7 anni. Nell’istituto di Podil, vecchio quartiere dell’intelligentsia della capitale, sul lato destro del fiume, invece, ci sono solo la preside e gli insegnanti: gli oltre 1.500 allievi si collegano tutti online.
Nuove regole per le scuole: obbligatorio avere un bunker adeguato
Le lezioni sono ricominciate il 1° settembre per gli studenti delle elementari, medie e superiori di Kiev e di molte altre città del Paese, con nuove regole: deve esserci un bunker di dimensioni adeguate e i bambini e ragazzi devono saper correre al riparo in 8 minuti, quando iniziano a suonare le sirene. A Kiev succede diverse volte la settimana, martedì le abbiamo sentite due volte nello stesso giorno: gli adulti per lo più le ignorano, ma le scuole di certo non possono, in una città che cerca la normalità ma non riesce a ritrovarla.
La preside della scuola di «Troy» ci mostra il loro bunker
In realtà la scuola di «Troy» (il soprannome del quartiere) ha riaperto in presenza solo per 440 studenti su un totale di 1.200 iscritti (il massimo per il bunker è 600): si è scelto di far andare in classe i più piccoli, dai 6 ai 12 anni, che «hanno più bisogno del rapporto con gli insegnanti». La preside Tetyana Kotsuba e la vicepreside Yulia Reznik ci conducono sottoterra, in quello che è più simile a uno scantinato e che, se colpito direttamente, difficilmente sopporterebbe l’impatto, ma «i genitori lo hanno visto e hanno accettato». Le dirigenti non nascondono tuttavia che tra chi preferisce far lezione online ci siano, oltre a profughi e sfollati, anche famiglie che hanno paura di mandare i figli in presenza o che temono che restino bloccati sugli autobus se suonano le sirene.
Le scuole come rifugio durante la prima fase della guerra
Le scuole sono state uno dei principali rifugi per la popolazione durante la prima fase dell’invasione russa. Nessuno ha bunker in casa in quartieri «nuovi», costruiti negli ultimi cinquant’anni, come Troy. Quando l’antiaerea abbatté un missile russo su Kiev e i frammenti caddero vicino a questi palazzi, mille persone corsero nella scuola, e restarono per mesi. «I negozi avevano chiuso mentre noi avevamo le scorte per la mensa. Facevamo il pane e il borscht. Questa è la nostra casa», raccontano le dirigenti, che fino a fine maggio hanno dormito qui, con i figli, i cani e due pappagalli abbandonati da vicini in fuga. Mamma Tetyana che aspetta le figlie all’uscita era scappata con la famiglia all’inizio dell’invasione, rifugiandosi in un paesino nel distretto di Makariv che si trovò al centro dei combattimenti: meglio l’insicurezza della propria casa. Nel bunker ridipinto di colori allegri, ci sono stanze per ogni classe e una «panic room» con psicologo. «I bambini erano curiosi nel vedere le pareti diverse, prima erano verdastre ed era buio qua sotto — dice la preside —. Non mostrano l’ansia, ma prima o poi verrà fuori».
Il sotterraneo del poligono di tiro i corsi obbligatori «Difesa dell’Ucraina»
Invece la scuola di Podil, la più grande del quartiere e una delle più grandi di Kiev, è in ricostruzione: per questo le lezioni sono solo online. Il 18 marzo, alle 8 esatte del mattino, l’onda d’urto di un missile caduto a 70-80 metri, davanti al cancello, la danneggiò gravemente: a pezzi le finestre dell’atrio e di diverse classi, scardinate quelle della mensa, volate via le porte interne. La stessa cosa accadde alle tre finestre di una stanza usata come bunker dove vivevano 600 persone tra cui 350 bambini. «I pannelli di legno li salvarono, nessuno rimase ferito», dice con sguardo grato rivolto al cielo la preside Alevtyna Bahinska, che continua a vivere sotto l’istituto. La sua vera casa è lontana dal centro: «Se succedesse qualcosa, dove andranno le persone? Quegli 80 minuti che mi ci vogliono per raggiungere la scuola sarebbero fatali». Ci conduce nel luogo più sicuro di tutti: il poligono di tiro sotterraneo, senza finestre, cui si arriva attraverso un corridoio tappezzato di poster di pistole e fucili, perché i ragazzi di 16 e 17 anni seguono un corso obbligatorio di addestramento militare. Chi preferisce può, in alternativa, imparare a prestare soccorso medico. Era così già prima della guerra, ma ora si chiama «Difesa dell’Ucraina».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 settembre 2022 (modifica il 10 settembre 2022 | 01:21)
© RIPRODUZIONE RISERVATA