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Strage di Bologna, chi è Paolo Bellini: dall’estremismo nero alla seconda “trattativa”. A suo carico un video e una intercettazione

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“Sono stato un assassino, certo, ma sto pagando, l’ho dichiarato io, e se avessi avuto problemi con la strage lo avrei confessato”. La storia di Paolo Bellini, condannato all’ergastolo per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, è densissima: esordisce nell’estremismo nero, viene indagato e prosciolto una prima volta per la strage di Bologna, usa per anni un’identità falsa (quella di Roberto da Silva ndr), diventa un killer di ’ndrangheta. Poi torna sulla scena nel ’92, quando diventa protagonista


della cosiddetta “seconda trattativa”, quella per recuperare le opere d’arte rubate dalla mafia in cambio di benefici carcerari ai boss detenuti.

Bellini, 69 anni, ex Avanguardia Nazionale, si è sempre dichiarato estraneo alla strage come gli altri condannati ex Nar Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini. Allo stato per gli inquirenti è il quinto uomo dell’attentato. Era stato già indagato per la strage all’inizio degli anni ’80 e prosciolto nel 1992, ma nel marzo del 2019 la procura generale di Bologna (che aveva avocato l’inchiesta sui presunti mandanti, organizzatori e finanziatori della strage, vale a dire Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti) aveva chiesto e ottenuto la revoca del proscioglimento iscrivendolo nel registro degli indagati insieme all’ex capocentro del Sisde di Padova Quintino Spella, e al capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, entrambi accusati di depistaggio, nonché Domenico Catracchia, ex amministratore di alcuni condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pm.

A carico di Bellini (sulla cui figura Paper First ha pubblicato il libro L’uomo Nero e le stragi a cura di Giovanni Vignali ) erano emersi, fra gli altri, quelli che per i magistrati bolognesi erano elementi certamente probanti: un fotogramma di un filmino amatoriale, girato da un turista tedesco a Bologna la mattina del 2 agosto 1980, nel quale si vedrebbe quello che per gli inquirenti è il volto dell’imputato. Volto riconosciuto dall’ex moglie. Il secondo elemento che porta al coinvolgimento di Bellini è rappresentato da un’intercettazione ambientale del 1996: Carlo Maria Maggi, ex capo di Ordine Nuovo, condannato per la strage di Brescia e ora deceduto, che parlando con il figlio disse di essere a conoscenza della riconducibilità dell’attentato alla banda Fioravanti e che all’evento partecipò un “aviere“, che portò la bomba. Proprio Bellini era infatti conosciuto nell’ambiente dell’estrema destra per la passione per il volo tanto che conseguì il brevetto da pilota. Il terzo elemento arriva dal processo di Palermo sulla trattativa ‘Stato-Mafia’, dalla cui sentenza di primo grado risulta la sussistenza di rapporti tra Bellini e Sergio Picciafuoco, quest’ultimo, seppur definitivamente assolto dal delitto di partecipazione alla strage dopo la condanna in primo grado, certamente presente alla stazione di Bologna la mattina della strage.

Oltre al passato in Avanguardia Nazionale, condito da diversi arresti mancati che gli hanno fatto conquistare sul campo il soprannome di Primula Nera, Bellini nel 1999 finisce in manette e decide di collaborare con la magistratura, confessando una decina di omicidi, tra cui quello dell’esponente di Lotta Continua Alceste Campanile. Poi collabora anche con la procura di Palermo che indaga sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Racconta anche di aver conosciuto Nino Gioè e di aver intrattenuto con lui una sorta di trattativa parallela: i mafiosi avrebbero fatto ritrovare alcune opere d’arte rubate, e in cambio avrebbero ottenuto l’alleggerimento del carcere duro.

Ipotesi mai andata in porto, ma una delle tante piste dietro alle stragi di Firenze, Roma e Milano, conduce proprio alla Primula Nera, che sarebbe stato l’ispiratore degli attentati mafiosi al patrimonio artistico italiano. Per la procura siciliana, tra l’altro, Bellini si trovava a Enna quando Totò Riina ordinò agli altri boss mafiosi di rivendicare omicidi e stragi commessi dal 1992 in poi con l’oscura sigla della Falange Armata. Le stragi, la Trattativa, gli anni di piombo, gli omicidi e ora anche la strage di Bologna: pezzo di un puzzle dove Bellini compare più volte e per cui oggi è stato condannato in primo grado.

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