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Siccità, lo studio: “Ecco perché anche prevedere la disponibilità di risorse idriche potrebbe diventare più complicato”

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Prevedere la disponibilità delle risorse idriche nei prossimi decenni potrebbe diventare sempre più complicato a causa della diminuzione nella frequenza delle nevicate, specialmente nelle regioni dell’emisfero settentrionale fortemente dipendenti dalla neve. A questa allarmante conclusione giunge uno studio condotto dagli scienziati del National Center for Atmospheric Research (NCAR), della Cornell University e dell’Università del Colorado Boulder, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) per rendere noti i risultati del loro lavoro. Il gruppo di ricerca ha infatti sviluppato modelli e simulazioni per stimare la disponibilità delle risorse idriche fino alla fine del secolo.

Il team, guidato da Will Wieder, ha esaminato i cambiamenti nell’accumulo di neve e i modelli di deflusso nell’emisfero settentrionale in base alle alterazioni di temperatura e alle quantità di precipitazioni nevose. Per determinare in che modo la riduzione del manto nevoso influenzerà la variabilità delle risorse idriche, gli scienziati hanno utilizzato un modello climatico chiamato Community Earth System Model, e un database noto come il CESM2 Large Ensemble. I ricercatori hanno confrontato i dati relativi al periodo compreso tra il 1940 e il 1969 e le stime per un arco temporale futuro fino al 2099. I calcoli sono stati eseguiti da Aleph, il supercomputer che si trova presso l’Institute for Basic Science di Busan, in Corea del Sud. Le simulazioni hanno mostrato che anche nelle regioni in cui la quantità di precipitazioni negli ultimi anni non è cambiata significativamente, il flusso totale delle nevicate risulterà variabile e molto più difficile da prevedere. A causa del cambiamento climatico, commentano gli autori, il manto nevoso tenderà a ritirarsi, per cui le risorse idriche saranno sempre più dipendenti dalle piogge periodiche piuttosto che dallo scioglimento del manto nevoso accumulato.

“I gestori saranno in balia dei singoli eventi di pioggia – osserva Wieder – e sarà sempre più complicato prevedere l’andamento delle precipitazioni nei quattro-sei mesi successivi. I sistemi di gestione dell’acqua nelle regioni dominate dalla neve si basano sulla prevedibilità del manto nevoso e del deflusso. Gran parte della possibilità di anticipazione potrebbe venire meno a causa del cambiamento climatico. È probabile che le alterazioni nel flusso e nel deflusso abbiano impatti a cascata sugli ecosistemi che dipendono dall’acqua associata alle nevicate”. Stando ai modelli ottenuti, il manto nevoso si ridurrà significativamente nei prossimi decenni, e la quantità di acqua contenuta nel manto nevoso alla fine dell’inverno potrebbe calare in media fino all’80 per cento in alcune regioni. Tra le zone più a rischio, i ricercatori indicano le Rocky Mountains, l’Artico canadese, il Nord America orientale e l’Europa orientale. Gli autori sottolineano poi che gli impatti più gravi sul manto nevoso, sul deflusso e sugli ecosistemi potrebbero essere notevolmente meno problematici in uno scenario caratterizzato da basse emissioni di gas a effetto serra. In caso di emissioni elevate, si verificheranno in media 45 giorni in più senza neve ogni anno. Nelle medie latitudini, inoltre, le nevicate potrebbero calare ulteriormente. “Cerchiamo di migliorare le previsioni attraverso i dati, i modelli e le simulazioni – aggiunge Flavio Lehner, della Cornell University – ma la rapida diminuzione della neve, che costituisce il migliore predittore, rende più complessi i calcoli da effettuare”.

Sebbene il deflusso ridotto si tradurrà in condizioni del suolo estive più asciutte in gran parte dell’emisfero settentrionale, le simulazioni hanno mostrato che alcune regioni, tra cui l’Asia orientale, l’Himalaya e il Nord America nordoccidentale, manterranno l’umidità del suolo a causa dell’aumento delle precipitazioni. “Le metriche relative alla neve sono fondamentali per informare la società sulla gestione delle preziose risorse idriche – conclude Keith Musselman, idrologo presso l’Università del Colorado Boulder, altra firma dell’articolo – le agenzie di opere civili elaborano piani e progetti per la realizzazione di nuovi bacini idrici e altre infrastrutture volte a rispondere ai cambiamenti climatici, per cui è fondamentale che la ricerca si concentri su come migliorare le previsioni in base alla rimodulazione dei parametri naturali utilizzati finora”.

Valentina Di Paola

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