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Sei giovane? Addio Italia

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Non è un paese per giovani. Di calcio parliamo, e non solo. La fuga dei cervelli all’estero ha un contraltare perfetto anche nel pallone. Si emigra per cercare ingaggi, nuove opportunità di lavoro, ribalte stimolanti. E se lo fanno i giovani laureati, con master e credenziali alle spalle, anche i calciatori di talento non si sottraggono alla grande fuga.

Basta ripercorrere le vicende di mercato degli ultimi giorni per capire quanto sarà dura per l’Italia del pallone ritrovare il paradiso perduto e per i nostri club recuperare una credibilità in ambito europeo. Ha aperto le danze Gianluca Scamacca, l’airone di 23 anni con movenze alla Van Basten, catturato dal West Han per 36 milioni di euro. Poi ecco Lorenzo Lucca, vera torre di Pisa, 21 anni, involarsi verso l’Ajax per 11 milioni. E avanti con Mattia Viti, ventenne difensore empolese prelevato dal Nizza per 15 milioni. Già prenotato dall’Anderlecht il ventenne atraccante interista Salvatore Esposito, mentre le big di Premier League strizzano l’occhio a Cesare Casadei, 19enne centrocampista nerazzurro.

Se aggiungiamo che Conte e Paratici incalzano la Roma per strappare il gioiello Zaniolo, ecco che la fuga dei giovani talenti diventa una vera e propria migrazione.

Alle grandi disponibilità dei club inglesi e francesi nutriti da emiri e megafinanziarie, e ai nuovi ricchi che popolano l’Europa del pallone, l’Italia oppone l’antica ricetta: meglio prendere un campione già affermato o un asso di ritorno (Lukaku e Pogba per citare le vette) che impegnarsi finanziariamente per scommettere su un giovane. Il caso di Verratti, mai visto giocare sui prati italiani, rischia di moltiplicarsi. Con l’aggravante che i nostri talenti vanno a rinforzare i grandi club europei, mentre noi mastichiamo un calcio sempre povero di coraggio e di intuizioni geniali. Gli aspiranti campioni vanno fatti giocare e crescere nel nostro giardino, prendendosi i debiti rischi. Se i club, anche quelli di vertice, non invertono la rotta, ci ritroveremo con squadre che somigliano sempre più a multinazionali senz’anima. E con una Nazionale impoverita, costretta a guardare oltre frontiera per mettere insieme un mosaico di qualità.

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