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Rapporto Uefa, calcio italiano bocciato dall’Europa: manca qualità a centrocampo

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MILANO – La Conference League della Roma ha interrotto un lungo digiuno europeo. Ma le squadre italiane navigano da troppi anni nella mediocrità. Ed è per questo che Milan, Inter, Napoli e Juventus si presentano al sorteggio di Champions, domani a Istanbul, con la necessità di cambiare il modesto status, impietosamente certificato dal report tecnico dell’Uefa sull’ultima edizione del torneo. La dettagliata analisi del gruppo di lavoro coordinato dal direttore tecnico di Nyon, Zvoninir Boban, che Repubblica ha potuto visionare in anteprima, inchioda la serie A a un ruolo marginale. Lo attestano, al di là del risultato in sé (Juventus e Inter, le migliori, sono uscite agli ottavi di finale), i dati statistici e gli annessi approfondimenti, firmati da 23 osservatori autorevoli: tra loro, 5 ct in carica (Southgate dell’Inghilterra, Martinez del Belgio, Sagnol della Georgia, Diacre e Pauw delle Nazionali femminili francese e irlandese).

In nessuna tra le classifiche dei più importanti indicatori, dal possesso palla ai passaggi riusciti, dai palloni recuperati agli assist, dai tiri in porta ai passaggi chiave, i club italiani figurano ai primi posti. La vistosa eccezione, tra i singoli, riguarda Perisic, primatista per numero di cross su azione (40): una statistica della quale l’Inter può rallegrarsi fino a un certo punto, visto che l’esterno croato ora gioca nel Tottenham di Conte. Ma il vero campanello d’allarme arriva dai giudizi sulle squadre. Se una carezza (“tatticamente flessibile”) spetta di diritto all’Atalanta di Gasperini, all’avanguardia nelle due edizioni precedenti e prima italiana per possesso palla (ma complessivamente è all’11° posto su 32 col 52%, la Juventus è al 13° col 51%, l’Inter al 16° col 49%, il Milan al 18° col 47%), per il resto i moderati complimenti nascondono punzecchiature magari involontarie. Così le lodi a Brozovic (“equilibratore”) e a Skriniar (“vitale”) sembrano sottintendere che il gioco interista dipenda da loro, mentre la capacità di costruire occasioni da gol su palla inattiva (25) è attenuata dalla vulnerabilità nello stesso fondamentale (5 gol subiti). Della Juventus si segnalano “la solida regia difensiva di De Ligt”, che però nel frattempo è finito al Bayern, il talento di Chiesa e Vlahovic e lo sfruttamento delle fasce con Cuadrado e Alex Sandro, ma inquieta la bassa percentuale dei passaggi riusciti dei centrocampisti: il migliore è Locatelli (86%), il più creativo Bernardeschi (2 assist, 8 passaggi chiave), oggi in Canada. Va peggio al Milan: due difensori, il neolaziale Romagnoli (85% di passaggi riusciti), e Tomori (83%) sono stati i più coraggiosi a impostare. Qui la consolazione è in prospettiva, perché gli osservatori Uefa rilevano il potenziale devastante delle discese di Theo Hernandez (196 strappi dalla sua metà campo) e la creatività di Leao, che potrà fare il paio con quella di De Ketelaere. Il quale, nel Bruges, si distingue “per l’abilità nel muoversi tra le linee”. Alla fine l’italiano che si prende complimenti unanimi è Ancelotti, trionfatore col Real Madrid di una Champions non esattamente per giovani, visto che lo scettro del più bravo è toccato al trentaquattrenne Benzema. A Don Carlo viene riconosciuto “il tocco di Re Mida”, non disgiunto dalla modernità: l’azione che col City stava per produrre l’1-0 sul calcio d’inizio del secondo tempo, è “chiaramente frutto di studio”. Pioli, Simone Inzaghi, Spalletti e Allegri avranno annotato.

Lode a De Zerbi

Un altro allenatore italiano si è meritato gli elogi dell’Uefa. Dello Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi viene detto che ha una “chiara identità tattica”: si vede la sua mano, insomma. E tra i giocatori spicca il dato sull’alta percentuale di passaggi precisi di Marlon, passato dall’Ucraina al Monza: il 95%.

La transizione del Barcellona

Non mancano, invece, le censure al Barcellona del dopo Messi. La fase di transizione dagli anni di gloria è testimoniata dal possesso palla, che scende al 58% (7° posto), anche se pure sotto la guida di Xavi, uno tra gli eroi del tikitaka, “la ricerca del gioco manovrato” resta la caratteristica principale della squadra, che paga la mancanza di precisione al tiro: la grande mole di gioco si traduce appena nel 20% di tiri in porta.

Il dopo Messi e Cristiano Ronaldo

Anche se loro non ne vogliono sapere di abdicare, la Champions 2021-22 ha segnato un passaggio storico: Messi e Cristiano Ronaldo sono stati soppiantati come attori protagonisti e non hanno potuto trascinare il Psg e il Manchester United. Nella classifica cannonieri non sono tra i primi, in quella dei 10 gol più belli c’è solo l’argentino al 9° posto. Il podio è occupato da Benzema, Vinicius e Mbappé.

Mbappé il più veloce

Il francese si è preso in compenso il primato del calciatore più veloce. Nella sfida contro il Real Madrid ha toccato i 36,7 chilometri l’ora. Lo seguono Nuñez del Benfica (36,5), Rafa Silva sempre del Benfica (36,4), Davies del Bayern (36,3) e Valverde del Real Madrid (36,2).

Haller implacabile, Vinicius decisivo

Manca dalle prime posizioni Haaland, che ora si è trasferito dal Dortmund al City e sul quale il report fa una puntualizzazione fondamentale: “è fortissimo, se sta bene”. La classifica cannonieri è stata dominata da Benzema. Il centravanti del Real Madrid (15 gol) ha svettato in tutti i sensi, davanti al solito Lewandowski (13 col Bayern) e ad Haller (11 con l’Ajax), che ha la più alta percentuale di conversione: 45,8%, pari a un gol ogni 60,7 minuti, poco meglio di Firmino, che col Liverpool ha segnato 5 gol d(uno ogni 64,4 minuti). Stavolta la media di Cristiano Ronaldo (6 gol) è di uno ogni 101,8 minuti, quella di Messi (5 gol) di uno ogni 126 minuti. Vinicius si è fermato a 4 gol, ma ha firmato il più prezioso, a Parigi nella finale col Liverpool. Anche lui è stato l’uomo della Champions.

Courtois paratutto

Miglior giocatore della finale di Parigi, il portiere belga del Real Madrid Courtois ha collezionato nel complesso ben 59 parate, per una percentuale di 81,1 salvataggi. Il secondo in graduatoria è il portiere di riserva del Milan Tatarusanu, che ha 3 presenze e una percentuale del 77,8%, davanti al collega dello Sheriff Tiraspol Athanasiadis (77,1%, Donnarumma col Psg è al 76%), protagonista nella fase a gironi del clamoroso successo al Bernabeu della squadra moldava della Transnistria separatista, insieme all’autore del gol decisivo nel 2-1 finale, il lussemburghese Thill: mai sconfitta fu più ingannevole.

La macchina Bayern

Il Bayern di Nagelsmann si è inceppato a sorpresa nei quarti di finale contro il Villarreal, dopo avere sfoggiato un gioco offensivo quasi meccanico e uno spregiudicato 3-2-5. Ma l’eliminazione, secondo l’analisi Uefa, ha una causa precisa: lo spazio concesso in contropiede agli avversari per via della difesa molto alta (intorno ai 45 metri), prerogativa condivisa col City di Guardiola e col Liverpool di Klopp.

Maestri di pressing

Il pressing forsennato è notoriamente un dogma degli allenatori tedeschi, Klopp e Nagelsmann su tutti, anche se nella prima fase il pressing più spinto lo ha praticato l’Ajax di Ten Hag. Curiosamente ha fatto eccezione il Chelsea del tedesco Tuchel, campione uscente. In coda a questa classifica ci sono la Dinamo Kiev e lo Sheriff, squadre ritratte a custodia della propria area. Il Salisburgo ha scelto di eludere il pressing delle avversarie più forti con un classico: i lanci lunghi.

Rodrygo e Camavinga, i giovani jolly

Ancelotti ha capito che l’anagrafe dei suoi centrocampisti, in particolare dei più attempati Kroos e Modric, non permetteva molta pressione sugli avversari, ma non ha mai cambiato le gerarchie. Piuttosto, ha scelto di utilizzare come jolly per vincere le partite nel finale due giovani talenti: Camavinga e soprattutto Rodrygo, che è stato decisivo per la conquista della Champions con i suoi 4 gol su 5 segnati all’80’, all’89’, al 90′ e al 91′.

Guardiola prudente sulle 5 sostituzioni

Se Ancelotti è stato il più abile nello sfruttamento della regola delle 5 sostituzioni, che per gli osservatori Uefa “può ormai cambiare le partite perché permette agli allenatori di modificare completamente la strategia iniziale”, lo stratega per eccellenza, Guardiola, ha fatto ricorso ai cambi con più parsimonia. A fronte dei molti calciatori impiegati (26), la sua media di sostituzioni è di 3,6. Rimane comunque l’allenatore più innovativo: l’inversione dei due terzini a centrocampo, nel 2-3-5 in fase di possesso accanto all’interruttore Rodri, è stata giudicata la novità tattica più rilevante.

La fine della regola del gol doppio in trasferta

La novità regolamentare ha messo fine a un’epoca ed è stata salutata con favore, generando secondo Frank De Boer “partite più belle perché la squadra che gioca in casa non è più così preoccupata di subire gol”. Secondo Roberto Martinez, il risultato adesso è più equo. Di sicuro c’è che la sola sfida della fase a eliminazione diretta che si sarebbe risolta prima, se la vecchia regola del gol in trasferta che vale doppio fosse stata mantenuta, è la semifinale Real-City. Il 2-1 nei tempi regolamentari al Bernabeu, dopo il 3-4 dell’andata in Inghilterra, avrebbe reso superflui i supplementari, dove comunque il Real ha segnato il 2-1.

Psg di solisti, Atletico difensivista

Erano già due etichette note prima che le squadre scendessero in campo, ma la realtà le ha confermate. Il Psg, zeppo di fuoriclasse da Messi, Mbappé e Neymar in giù, ma anche di solisti poco inclini al gioco collettivo, non è riuscito a superare il suo difetto congenito e lo dimostra il 55% di possesso palla, nonché la media tiri in porta (4,8 a partita, solo l’11° posto). L’Atletico di Simeone ha esasperato la propria natura: in parecchie fasi delle partite si è schierato addirittura col 5-5-0, con un possesso palla medio del 40% (28° posto). Ma la fine, ancora una volta, ha abbastanza giustificato il mezzo (Kondogbia re del tackle, 69 vinti): eliminazione ai quarti col City (0-1 all’andata, 0-0 al ritorno).

Le palle inattive e la neuroscienza di Klopp

Sono da tempo una risorsa fondamentale per sbloccare le partite più complicate. Anche se i gol su rigore sono scesi da 55 a 37 e le punizioni dirette vincenti da 9 a 6, gli allenatori studiano i calci da fermo con sempre maggiore attenzione al particolare. Il Liverpool lo ha fatto più di tutti: Klopp si è rivolto a un’azienda di neuroscienza per affinare i particolari e la cosa ha funzionato, in particolare nello sfruttamento delle cosiddette seconde e terze palle con calciatori piazzati ad hoc, dentro o fuori dall’area. Il Milan ne sa qualcosa (il 3-2 di Henderson ad Anfield), ma ancora di più l’Inter, perché è così che ha compromesso a San Siro il passaggio ai quarti: lo 0-2 dell’andata ha reso inutile l’1-0 di Anfield Road, dove Inzaghi si è preso una parziale rivincita grazie a un’altra mossa studiata: il pallone intercettato da Perisic a Matip, in pressing sull’azione da dietro del Liverpool, è diventato la catapulta per il tiro potente di Lautaro.

I dilemmi: i cross e la partenza dal basso

Il report dell’Uefa, infine, non manca di aprire un dibattito tecnico su due specifiche fasi di gioco: il cross e appunto la partenza dietro. Iniziare l’azione nella propria metà campo – cosa che il Real di Ancelotti (51% di possesso palla medio) fa ad esempio meno di altre squadre – è ormai il marchio di tanti allenatori, con annessi rischi: 10 squadre hanno concesso gol in queste situazioni. La chiosa didattica è del ct del Belgio Martinez: “È opportuno insistere nell’insegnare ai ragazzi la costruzione del gioco dal basso. Altrimenti non si progredirà mai”. L’altra questione riguarda il cross, che continua ad essere il modo più efficace per segnare. Ma è lecito definire cross una traiettoria che non spiove in area dalle fasce laterali o dalla linea di fondo: Alexander-Arnold, nel Liverpool di Klopp, usa spesso questo fondamentale dalla posizione di falso 10, sulla trequarti, e anche il famoso assist d’esterno di Modric per Rodrygo contro il Chelsea è stato statisticamente archiviato come cross. Qui l’Uefa lascia la risposta in sospeso. Al prossimo rapporto.

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