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Putin e la mobilitazione parziale: quando si vedranno gli effetti sul campo, in Ucraina?

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di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

La mobilitazione parziale ordinata mercoledì da Vladimir Putin ha effetto immediato, ma potrebbero volerci mesi per vederne le conseguenze sui combattimenti in Ucraina. Intanto è un modo per alzare la tensione e, forse, creare un nuovo stallo

La mobilitazione parziale ordinata mercoledì da Vladimir Putin ha effetto immediato, ma potrebbero volerci mesi per vederne le conseguenze – se mai ne avranno – sui combattimenti in Ucraina.

Questo, in sintesi, è il pensiero degli analisti che da mesi stanno studiando il comportamento dell’Armata sul campo e che ritengono la chiamata alle armi del presidente russo soprattutto una mossa per alzare la tensione e uscire dalla situazione di difficoltà in cui i suoi soldati si sono ritrovati dopo la controffensiva russa. Secondo alcuni è possibile anche che questa massa umana – 300 mila riservisti, che si dovrebbero aggiungere ai 150/190 mila già in Ucraina – serva a creare un nuovo stallo in vista dell’inverno, rallentando l’avanzata della resistenza. Mosca sa di non poter capovolgere la situazione, è la tesi, ma di poterla cristallizzare.

Il decreto firmato mercoledì dal Putin mira infatti a risolvere il problema principale dell’esercito russo, ovvero la carenza di soldati addestrati e motivati, in particolare dopo le gravi perdite – decine di migliaia di vittime secondo le intelligence occidentali – subite in battaglia.

Sui numeri girano molte versioni: un quotidiano russo ha sostenuto che in realtà il neo-zar punta a coinvolgere un milione di individui, ipotesi però smentita. Secondo Michael Kofman, direttore degli studi russi al Cna di Washington, la mobilitazione permetterebbe di prendere di petto la questione, anche perché impedirebbe ai soldati a contratto di lasciare la divisa. Restano tuttavia dubbi sulle effettive capacità di coloro che saranno chiamati alle armi, anche se al momento si parla soltanto di persone che hanno effettuato il servizio militare: dopo la leva, infatti, i riservisti russi non vengono più richiamati per periodi di addestramento.

A Mosca, alcuni uomini in età da combattimento hanno raccontato al Washington Post di essere stati convocati per un addestramento di 15 giorni, quindi molto breve. Lo stesso si è verificato in almeno altre tre città. Questo confermerebbe un problema cronico, rilevato nei giorni scorsi da un rapporto dell’istituto britannico Rusi: la debolezza dell’Armata in Ucraina dipende proprio dall’addestramento, considerato insufficiente, effettuato per unità e limitato a compiti specifici.

L’esercito russo si affida a una dottrina militare elegante e avanzata, ma è concepito per combattere guerre brevi e ad alta intensità: senza una piena mobilitazione nazionale non ha abbastanza uomini né una struttura logistica adeguata.

La leadership, nota inoltre il rapporto, è dittatoriale e basata sulla paura

: questo genera truppe poco motivate, soldati che per timore di punizioni continuano a eseguire gli ordini anche quando le priorità sono cambiate, uno scarso attaccamento alla divisa che obbliga l’Armata a ricorrere alle giovani reclute, quelle che nella battaglia ucraina si sono trasformate in carne da cannone. Per questo, sostiene l’autore del rapporto Jack Waitling, la mobilitazione non sarà sufficiente a cambiare l’andamento del conflitto.

Gli effetti, in ogni caso, non saranno immediati

. Per vedere questi 300 mila riservisti sul campo potrebbero volerci settimane, se non mesi: devono essere individuati, addestrati, equipaggiati e inviati in Ucraina. L’esercito russo, come detto, non ha inoltre una riserva come quelle occidentali, che ricevono un addestramento regolare e possono essere inviate in battaglia con uno sforzo relativo basso: preparare questi uomini alla battaglia richiederà quindi un tempo maggiore.


Intanto sull’Ucraina hanno ricominciato a cadere i missili
, la strategia adottata dall’Armata nei momenti di difficoltà. Giovedì è stata colpita la regione di Zaporizhzhia, dove si trova la centrale nucleare più grande d’Europa, una delle quattro aree in cui nel weekend si terrà il referendum per l’annessione alla Federazione. Una ventina di missili hanno centrato anche la città di Nikopol, nell’oblast di Dnipro, sull’altra sponda dell’omonimo fiume ma distante appena dieci chilometri dai reattori. La resistenza, invece, avrebbe ripreso la spinta nel settore di Lyman, guadagnando porzioni di territorio.

22 settembre 2022 (modifica il 22 settembre 2022 | 18:39)

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