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Profughi, pronti i fondi per i primi 80mila già arrivati in Italia

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I CANALI DELL’OSPITALITÀ

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Dove si trovano i profughi

Se saranno interventi sufficienti lo diranno i numeri degli sfollati in arrivo nei prossimi giorni. Le persone fuggite dall’Ucraina in guerra sono circa 4 milioni, due milioni delle quali si trovano in Polonia. Secondo gli osservatori, la maggior parte dei profughi al momento si ferma non lontano dal confine, nella speranza di poter rientrare. Secondo l’agenzia Onu Unhcr, altri 6,5 milioni di persone sono sfollate all’interno dell’Ucraina, ma potrebbero essere costrette a uscire se il conflitto proseguirà.

In Italia fino a venerdì scorso erano arrivate circa 80mila persone, per il 90% donne e minori (ma si potrebbe arrivare fino a 700mila persone, si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 14 marzo).

Solo una minoranza, per ora, è ospitata nei Cas, nel Sai o negli spazi individuati dagli enti territoriali. I più, infatti, hanno raggiunto parenti o amici che si trovavano già in Italia e che li stanno ospitando o hanno procurato loro una sistemazione. Mentre altri sono stati accolti tramite associazioni, enti del Terzo settore, gruppi religiosi. Un sistema che finora si è mobilitato a titolo gratuito, per il quale si apre ora la prospettiva di ottenere le risorse individuate dal Governo.

Coloro che già ospitano dei profughi in casa, potranno magari aiutarli a ottenere il contributo di sostentamento. Non è possibile accedere contemporaneamente al sostegno tramite le associazioni e al contributo diretto per gli ucraini.

Come funziona il sistema

Le organizzazioni del Terzo settore, dopo la pubblicazione dell’avviso della Protezione civile, avranno probabilmente una decina di giorni per farsi avanti con le proposte per l’accoglienza. Dovranno chiarire quante persone potranno ospitare, in strutture proprie o di privati, e avere anche una fideiussione bancaria, perché potranno accedere ad anticipazioni di fondi pubblici, per accelerare il processo. Ciascun progetto dovrà prevedere un accordo di partenariato con il Comune di riferimento. «Stiamo cercando anche noi di capire che cosa comporti il partenariato – spiega Matteo Biffoni, sindaco di Prato e responsabile immigrazione dell’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni italiani – perché si tratta di una forma di accoglienza nuova, rispetto a quelle finora gestite dai Comuni».

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