Padova è una città Venezia è una vetrina
GIOVEDÌ 7 LUGLIO 2022
risponde Aldo Cazzullo
Caro Aldo,
adesso deve spiegarci perché Padova è la vera capitale del Veneto. «Capitale» vuol dire tante cose messe assieme e comunque pare che gli stessi padovani ne siano inconsapevoli. Forse è meglio così: alzare la cresta in una città giudicata (tanto o poco?) provinciale non sarebbe gradito al mondo veneto.
Alessandro Prandi
Caro Alessandro,
Padova ha una posizione centrale nel Nord-Est, dal punto di vista geografico, autostradale, ferroviario. Ha un’antica tradizione universitaria, un solido retroterra industriale, un flusso sia di pellegrini sia di turisti. È pure diventata patrimonio Unesco, grazie ai capolavori di Giotto e degli altri pittori del Trecento. Certo, la capitale naturale del Veneto e in genere del Nord-Est è ovviamente Venezia. Il Veneto è stato una nazione per mille anni; e tra la prima metà del Quattrocento e la fine del Settecento Venezia ha di fatto unificato quello che oggi chiamiamo NordEst (tranne Trieste, il porto dell’Impero, ma con l’aggiunta delle coste istriane e dalmate, oltre a tratti di quelle greche). Oggi, purtroppo, Venezia non è più una città, ma uno show-room. Fino a non molto tempo fa si era creduto che fosse possibile, fallito il sogno industriale di Marghera, farla rinascere come metropoli moderna dell’arte, della bellezza, della cultura, della ricerca. Purtroppo noi italiani non abbiamo una cultura del turismo. Non a caso, pur avendo il Paese di gran lunga più ricco al mondo di beni artistici e architettonici, pur avendo primati enogastronomici, pur avendo un territorio straordinario con le Alpi al Nord e acque quasi tropicali al Sud, siamo soltanto quinti al mondo per numero di turisti, e presto saremo superati dai Paesi emergenti. Il punto è che per noi italiani turismo vuol dire alberghi e ristoranti. Stop. Ma il turismo avrebbe bisogno anche di ingegneri, architetti, interpreti, restauratori, studiosi, artisti, uomini di spettacolo. Invece noi non costruiamo infrastrutture — pensi, gentile signor Prandi, alla tragicommedia dell’aeroporto di Firenze —, non facciamo lavorare i nostri giovani attori, non facciamo abbastanza per attrarre turisti colti, che si fermano, spendono e quindi creano lavoro di qualità, anziché quelli che lasciano dietro di sé solo cartacce. Non saranno tornelli o ticket d’ingresso a risolvere il problema; quelli servono solo a far cassa. Occorre valorizzare le eccellenze che già ci sono, dalla Biennale alla Fenice, investire sull’università e sugli istituti di ricerca, sui nuovi progetti — che fine ha fatto il Vega? — e anche sull’esigenza di riportare in città i veneziani. (Poi certo anche l’Arena è un modello; ma Verona è a un’ora di autostrada da Milano, e del Nord-Est può essere la porta d’ingresso, non la capitale).
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Storia
«Mia madre in casa di riposo, lei sta bene, ma io no»
Mamma, vedrai che qui starai bene, hai visto come sono tutti disponibili, gentili? Chissà quante amicizie riuscirai a fare! «Riportami a casa mia, qua non parlo con nessuno e poi son tutti vecchi!». Ma se molti hanno meno anni di te!? Ti lamenti ma, tutto sommato, sei servita e riverita da personale molto cordiale e preparato. «Sì, sono tutti bravi ma questa non è la mia casa! Non vedo più i miei nipoti, gli amici e nemmeno te tutti i giorni!». Mamma, ogni domenica stessa storia e medesima lamentela e neanche un grazie per tutto quello che faccio. Detesto questa ostinazione a voler tornare a casa, invece di rassegnarti alla situazione che, pur se nessuno avrebbe voluto accadesse, è l’unica perseguibile e non capisco perché tu non lo voglia comprendere! A proposito, per qualche domenica non mi sarà possibile venirti a trovare poiché ho parecchie cose da sistemare a casa, rimandate da troppo tempo. Tra me e me penso a quante ne sentirò da parte sua la prossima volta che mi rivedrà, d’altronde mica posso sempre starle accanto. Al rientro mi accoglie un entusiastico «Come sta la nonna?», cui rispondo mesto molto bene, che saluta e desidera che tutti si faccia i bravi e la amino con tutto il cuore come lei fa con noi. Però a «Quando possiamo andare a trovarla?» replico che domenica non sarà possibile, magari quella dopo, glielo saprò dire. Rifletto su come dovrebbe essere tutto a posto e sentirmi quasi felice poiché, dopotutto, è in buone mani ma mi torna in mente la sua solita frase ed è il momento che sul mio viso torna questa lacrima, che certo di gioia non è.
Giuseppe Agazzi
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«Impianto completato ma ancora non può funzionare»
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«Va bene la ripresa, ma non si faccia finta che il Covid sia scomparso»
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MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
VENERDI -L’AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
SABATO -L’ADDIO
Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno.
DOMENICA – LA STORIA
Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia.
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