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P2030, «Agire per il clima». La nuova frontiera verso Cop 27? Tagliare ancora la CO2

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CLIMATE CHANGE

di Sara Gandolfi05 giu 2022



P2030, «Agire per il clima». La nuova frontiera verso Cop 27? Tagliare ancora la CO2 - Maratona online

Mancano cinque mesi all’appuntamento di Sharm el-Sheikh con la ventisettesima Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico (Cop27), e ancora non è arrivato il cambio di passo tanto atteso. Dal 6 al 16 giugno si svolge a Bonn una sorta di pre-conferenza per provare a trovare la quadra sui tanti punti che sono oggetto di discussione e di scontro fra i 197 Paesi impegnati, almeno sulla carta, ad implementare lo storico accordo di Parigi del 2015. L’obbiettivo finale non cambia: tagliare le emissioni di CO2, quindi l’uso di combustibili fossili, per far sì che la temperatura media della superficie terrestre non aumenti più di 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. Limite che nella regione del Mediterraneo abbiamo già superato.

Dal 6 al 16 giugno si svolge a Bonn la conferenza sul clima preparatoria del vertice di novembre in Egitto. Kerry: «La guerra usata da chi vuole lo status quo dell’energia». Oggi dalle 10 la diretta streaming della seconda giornata della maratona di Pianeta 2030 e Corriere dedicata al tema «Agire per il cllima» (cliccando qui, il programma e il collegamento alla diretta)

Le attuali tensioni geo-politiche e l’accelerazione dell’instabilità eco-sistemica non sono di aiuto e gli attori coinvolti ne sono consapevoli. «Il cambiamento climatico non è un’agenda che possiamo più permetterci di rimandare. Abbiamo bisogno di decisioni e azioni ora e spetta a tutte le nazioni fare progressi a Bonn», ha affermato la segretaria esecutiva dell’Onu sui cambiamenti climatici, Patricia Espinosa. «La COP27 deve concentrarsi sull’attuazione. Le nazioni devono mostrare come, attraverso la legislazione, le politiche e i programmi, in tutte le giurisdizioni e i settori, inizieranno a far funzionare l’accordo di Parigi nei loro Paesi d’origine. Alla conferenza di novembre in Egitto, tutti i settori dell’economia e delle società devono dimostrare di riconoscere l’entità dell’emergenza e di adottare misure audaci e concrete».

Sostegno ai Pvs per il taglio alle emissioni

Sul tavolo a Bonn ci sono una serie di temi chiave, oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra, come l’adattamento agli impatti climatici e il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo per ridurre le emissioni e affrontare con le giuste risorse e know how i cambiamenti climatici. Sulla scia dei risultati ottenuti alla Cop26 dell’anno scorso, si punta anche a un maggiore coinvolgimento delle parti non istituzionali, come Ong, aziende e finanza. Settori che potranno fornire input a diversi flussi di lavoro avviati a Glasgow, ad esempio relativi al Global Stocktake, un processo che valuterà i progressi nell’attuazione dell’accordo di Parigi.

Sulla strada verso Cop27, un altro importante incontro si è chiuso ieri a nella capitale svedese: Stockholm 50 ha commemorato il mezzo secolo dalla storica Conferenza sull’ambiente umano del 1972, che diede vita all’Unep e ai vertici multilaterali sull’ambiente. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, intervenendo alla seduta plenaria d’apertura, ha esortato tutti a «porre fine alla nostra guerra suicida contro la natura poiché sappiamo cosa fare e abbiamo gli strumenti per farlo». Ha proposto di investire in energie rinnovabili e soluzioni basate sulla natura e di andare oltre il Prodotto interno lordo come misura del benessere.

Vanessa Nakate: «Forniteci i dati reali»

In una notevole convergenza di messaggi inter-generazionali, un veterano della diplomazia statunitense e una giovane delegata ugandese hanno poi mostrato una visione comune riguardo al futuro del pianeta Terra. Vanessa Nakate, fondatrice del movimento africano «Rise Up», ha chiesto ai leader di riconoscere, con onestà, i dati presentati dalla scienza, a lungo negati. Quindi, ha accusato i governi di aver ritardato l’azione rischiando così di consegnare ai giovani un mondo distrutto. John Kerry, inviato presidenziale degli Usa per il clima, si è detto d’accordo con l’attivista e ha affermato che alcuni leader delle venti principali economie del mondo sono stati indifferenti alla matematica e alla fisica del cambiamento climatico.

Quindi, ha sottolineato che la guerra in Ucraina è stata «usata» come scusa da chi preferisce lo status quo energetico, mentre il conflitto dovrebbe spingere all’indipendenza energetica e alla libertà dalla minaccia dei petro-dittatori. L’evento si è chiuso con una sorta di “decalogo” che invita i leader a «porre il benessere umano al centro di un pianeta sano e prospero per tutti, prerequisito per la pace» e ad «accelerare le trasformazioni di settori ad alto impatto, come cibo, energia, acqua, edilizia, produzione e mobilità».

I delegati di Youth4Climate

Tra gli osservatori dell’evento c’erano i due delegati italiani di Youth4Climate, la conferenza dei giovani ideata lo scorso anno dal ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani assieme ai partner britannici di COP26. «Noi e gli altri giovani presenti, molti provenienti dal sud del mondo, abbiamo cercato di dividerci nei vari panel di discussione e di fare più domande possibili, in modo da portare anche qui la nostra voce», spiega la biologa romana Federica Gasbarro. «Se verrà ascoltata o meno non lo so, ma era importante esserci, fare un po’ di pressione e magari anche essere scomodi».

Qualche risultato concreto è stato ottenuto, spiega l’economista piemontese Daniele Guadagnolo: «Si è portato avanti il dialogo su tre temi fondamentali: l’azione verso un pianeta più sostenibile, la ripresa economica e ambientale dopo la pandemia e la ricerca di una visione più ambientalista della sostenibilità. Il documento finale contiene tutte le informazioni e le discussioni al riguardo. (continua a leggere dopo i link)

Sarà uno strumento molto utile per i prossimi vertici. Le prospettive non sono però molto rosee: siamo praticamente nella stessa situazione di cinquant’anni fa a livello di sostenibilità e cambiamento climatico. La scienza non è stata ascoltata e i progressi sono molto scarsi». Ovvero? «Molte parole, come in tutti i vertici, ma manca l’azione, una macchina coesa che lavori verso progetti concreti», assicurano entrambi.

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