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Omicidio Vannini, bugie  e depistaggi: a processo  i due falsi testimoni

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di Fulvio Fiano

I veleni attorno alla morte di Marco Vannini, avvenuta il 15 maggio 2015. I due testi, Davide Vannicola e Giovanni Bentivoglio, accusarono un ufficiale dei carabinieri di aver aiutato Antonio Ciontoli per sviare le indagini

Veleni, manovre torbide e depistaggi che hanno rallentato le indagini sulla morte di Marco Vannini vengono alla luce con una condanna e tre rinvii a giudizio dei presunti responsabili di questi «avvelenamenti dei pozzi». La procura di Civitavecchia ha infatti ottenuto il processo per Davide Vannicola e Giovanni Bentivoglio i quali, a quattro anni dall’omicidio, chiamarono in causa il comandante della caserma dei carabinieri di Ladispoli, Roberto Izzo, per presunti aiuti forniti al collega Antonio Ciontoli sulla «gestione» della morte del fidanzato di sua figlia.

Vannicola in particolare, amico di Izzo e artigiano di mestiere, davanti alle telecamere di un programma tv rivelò la presunta confidenza fattagli da Izzo (che a sua volta l’avrebbe ricevuta da Ciontoli) sul fatto che ad esplodere il colpo di pistola fatale verso Vannini fosse stato il figlio dello stesso Ciontoli, Federico. Lo stesso Izzo avrebbe consigliato a Ciontoli di prendersi la responsabilità dello sparo «perché sei nei servizi segreti e te la caverai», e questo dopo aver avuto un colloquio con lui prima che venissero chiamati i carabinieri, quasi ad elaborare una strategia per provare a non finire nei guai («Robè, vieni al pronto soccorso, è successo un casino»). Una tesi, questa, confermata dall’ex finanziere, ora in pensione, Bentivoglio. La vicenda, assieme ad altri dettagli rivelati dai due, portò anche a un provvedimento disciplinare a carico della pm incaricata dell’inchiesta, Alessandra D’Amore, poi assolta in Cassazione dall’accusa di aver mal condotto le indagini. Le verifiche effettuate sulle dichiarazioni dei due sedicenti «super testimoni» non solo hanno mostrato la correttezza del magistrato ma hanno anche smontato qualunque pretesa veridicità di queste affermazioni. Vannicola e Bentivoglio risponderanno a processo dell’accusa di false testimonianza ai pm sostenuta a loro carico dal procuratore di Civitavecchia Andrea Vardaro e dal sostituto Roberto Savelli: «Attribuendo a Izzo – si legge nell’ordinanza di rinvio a giudizio – condotte delittuose e riferendo circostanze riguardanti i primi accertamenti di polizia giudiziaria».

Ma non solo. A indagini in corso ancora Vannicola, assieme a Bentivoglio, consegnò in procura un audio da lui attribuito a Bentivoglio nel quale quest’ultimo sosteneva dell’esistenza presso la procura di Civitavecchia a carico di Ciontoli per estorsione nei confronti di una prostituta. Fascicolo che, secondo questo audio, proprio Izzo avrebbe dirottato su Civitavecchia anziché su Roma che ne sarebbe stata competente per territorio. Ancora una volta però, la tesi non ha avuto riscontri. L’episodio della presunta estorsione è davvero avvenuto ma a seguire il caso furono i carabinieri di Cerveteri mentre per altro Izzo, assistito dall’avvocato Rossella Lanìa, era fuori Roma. Per questo ulteriore capitolo Vannicola è stato rinviato a giudizio per calunnia e diffamazione, mentre Bentivoglio ha ricevuto in abbreviato una condanna a un anno e quattro mesi per calunnia e false informazioni al pm.

Marco Vannini venne ferito il 15 maggio 2015 mentre era a casa dei Ciontoli con la fidanzata Martina. Morì dissanguato in ospedale a causa dei ritardi con cui furono chiamati i soccorsi. Dopo un tortuoso iter processuale, la Cassazione ha condannato lo scorso maggio a 14 anni di carcere Antonio Ciontoli e a nove i suoi figli Federico e Martina oltre che la moglie Maria Pezzillo,

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5 aprile 2022 (modifica il 5 aprile 2022 | 17:39)

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