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Meloni supera la Lega e stuzzica gli alleati: “Lasciate il governo”

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Per ogni «forza trainante» c’è una forza trainata. E se Giorgia Meloni fa la locomotiva quando a fine pomeriggio tira le prime somme di una chiamata alle urne decisamente lusinghiera per Fdi, qualcun altro deve accontentarsi di viaggiare in carrozza. La tornata elettorale, tra referendum e amministrative, non sorride certo al leader del Carroccio Matteo Salvini, costretto ad assistere al calo del suo partito e a subire il sorpasso da parte di Fdi e della sua leader, finiti davanti alla Lega quasi ovunque: anche in molte città del Nord. Da Genova ad Alessandria, da Como a Piacenza, da Parma fino a una storica roccaforte leghista come Verona. Nella città di Giulietta a oltre metà spoglio Fratelli d’Italia incassa quasi il doppio delle preferenze del Carroccio (6.282 a 3.384, 11,93% contro 6,43%), mandando un segnale chiaro e forte alla coalizione.

Un segnale forte come l’altro che la leader manda agli alleati di Lega e Fi a proposito del governo Draghi che «non esiste più», soprattutto dopo la scomparsa del M5s «prima forza» dell’esecutivo. E quando le viene chiesto se Berlusconi e Salvini debbano lasciare l’esecutivo, lei replica sicura, da capotreno in pectore: «Faranno le loro valutazioni, fossi in loro lo farei». Per poi dribblare il tema esplicito della leadership nel centrodestra, appiccicoso mentre ancora si sta scrutinando. «Oggi è un giorno per festeggiare, non per fare polemiche», spiega, pur ammettendo che dalle urne sono arrivate «indicazioni importanti per il futuro».

Se in via della Scrofa si esulta, in via Bellerio il clima è ben diverso. Anche se Salvini prova a giocare d’anticipo, indicando la «strada vincente» nello «sforzo» del Carroccio di fare da collante alla coalizione «anche sacrificandosi» e rimandando la questione-leadership al 2023. «Il leader del centrodestra lo decideranno gli italiani alle prossime politiche», spiega, battendo sul tasto dell’unità della coalizione, esultando per Palermo conquistata e per la conferma di Bucci a Genova e ricordando come, a Verona, il centrodestra senza divisioni avrebbe vinto facilmente.

Ma proprio la vittoria di Palermo evocata da Salvini è un’altra rivendicazione di Giorgia Meloni, che dell’unità del centrodestra aveva fatto un mantra da tempi non sospetti, e che anche adesso che «traina» non manca di mettere i puntini sulle «i», ricordando tra l’altro che a puntare su Lagalla per prima era stata proprio lei, seguita poi dagli alleati. E così eccola, in apertura di conferenza stampa, ricordare che «a Palermo si vince al primo turno grazie alle scelte di Fratelli d’Italia».

L’impressione, a caldo, è che una volta consolidati e digeriti i numeri, sarà tempo per aprire la questione della leadership, senza fretta, ma ben prima del 2023. Perché anche se sul punto ieri la leader Fdi ha scelto di glissare, il siluro al governo Draghi che non esiste più è una chiara dichiarazione d’intenti, come lo è la chiusura sul sistema elettorale e l’elogio del «sano maggioritario» e del ritorno del bipolarismo. «Questo voto dovrebbe far dissuadere chiunque pensi nel centrodestra al ritorno di una proporzionale», spiega Meloni agli alleati, aggiungendo che Fdi ha dimostrato di avere eccome una classe dirigente, e che è pronta a governare «se ci sono le condizioni, non a ogni costo». Non certo con Draghi, ma insieme agli alleati, e «se gli italiani ci daranno questa occasione». In un governo molto diverso da quello attuale, e alternativo alla sinistra. «Serve l’orgoglio di stare da questa parte», conclude la Meloni: «Si prenda l’impegno di dire con chi si va al governo». Poi, posta una sua foto su facebook con le dita in segno di vittoria come fece il premier inglese Winston Churchill: «Non deluderemo gli italiani», giura la leader con un sorriso a 32 denti.

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