Macron rischia di giocarsi il secondo mandato
Domenica in Francia si terrà il secondo turno delle elezioni legislative: sarà il quarto voto nel giro di due mesi, dopo i primi due turni delle elezioni presidenziali e il primo turno delle legislative, che si è tenuto il 12 giugno. Sarà anche quello decisivo per assegnare la stragrande maggioranza dei seggi all’Assemblea Nazionale, l’unica camera elettiva del Parlamento francese. E per la prima volta da anni c’è il rischio concreto che i risultati producano una situazione molto problematica per il presidente in carica, Emmanuel Macron, appena rieletto per un secondo mandato.
I 577 membri dell’Assemblea Nazionale sono eletti in collegi uninominali. In ogni collegio viene eletto un solo candidato, che vince al primo turno se ottiene il 50 per cento più uno dei voti espressi da almeno il 25 per cento degli elettori e delle elettrici iscritti alle liste. Al primo turno di queste elezioni è successo soltanto in 5 casi: di conseguenza domenica si deciderà a chi assegnare i rimanenti 572 seggi.
Il problema per Macron nasce dal fatto che in base a un’analisi del rispettato istituti di sondaggi Ipsos Ensemble!, cioè la coalizione che lo sostiene, otterrà probabilmente fra i 255 e i 295 seggi. La soglia della maggioranza assoluta è di 289 seggi: se Ensemble! ne otterrà di meno, significa che Macron non potrà governare contando solo sulle proprie forze, ma dovrà cercare alleati per formare una coalizione in Parlamento.
È uno scenario che non si verifica dal 2002: di fatto, i risultati delle ultime quattro elezioni legislative (2002, 2007, 2012, 2017) erano stati “confermativi”: avevano cioè seguito il risultato delle presidenziali del mese precedente, dando al presidente eletto e al suo partito la maggioranza dei seggi anche in Parlamento.
France 24 scrive che nel caso Ensemble! non riuscisse ad ottenere almeno 289 seggi, «Macron dovrà probabilmente contattare altri partiti, quasi certamente i Repubblicani, di centrodestra, per formare una coalizione». È verosimile che se andassero così le cose i Repubblicani chiederebbero qualcosa in cambio, come alcuni ministeri e modifiche al programma di governo.
Macron avrebbe davanti a sé altre due strade, meno praticabili: cercare di ottenere l’appoggio di singoli deputati in modo da arrivare a controllarne 289 senza doversi imbarcare in un’alleanza strutturale coi Repubblicani, o ancora rinunciare ad avere una maggioranza e accordarsi di volta in volta col centrodestra o col centrosinistra per far passare le proprie riforme più importanti. Potrebbe chiedere l’appoggio del centrodestra per le proprie riforme economiche, per esempio, e quello del centrosinistra per provvedimenti come l’espansione del welfare: col rischio concreto, però, di impantanarsi in negoziati infiniti per ogni punto principale della sua agenda.
Les Echos fa notare inoltre che nel caso di un governo di minoranza non sarebbe sicura della riconferma la prima ministra Élisabeth Borne, entrata in carica appena un mese fa: gli altri partiti potrebbero chiedere a Macron di indicare una figura diversa, meno legata a lui e a Ensemble!.
Per Macron esiste un altro rischio ancora più grande, cioè la cosiddetta “cohabitation”, che si realizza quando maggioranza parlamentare e presidente appartengono a schieramenti diversi. Dal 2000, cioè da quando le elezioni legislative vengono fissate dopo le presidenziali, la “cohabitation” non si è mai realizzata perché alle legislative l’elettorato tende a premiare la coalizione del presidente appena eletto.
Ma nella storia francese è successo almeno tre volte che il presidente e il parlamento, e quindi il governo, fossero di schieramenti opposti. La prima avvenne fra il 1986 e il 1988, quando il presidente era François Mitterrand, socialista, e il primo ministro eletto dal Parlamento Jacques Chirac, dei Repubblicani.
Le Monde racconta che quella prima “cohabitation” fu particolarmente burrascosa: in quei due anni Mitterrand era solito fare conferenze stampa in cui criticava apertamente le decisioni prese da Chirac e dal suo governo. Non è così implausibile immaginare una cosa del genere nel caso in cui il secondo turno delle amministrative venga vinto dalla coalizione Nouvelle Union populaire écologique et sociale (NUPES) guidata da Jean-Luc Mélenchon, il più famoso leader della sinistra radicale.
Al momento sembra comunque una eventualità assai remota: secondo le stime di Ipsos, domenica NUPES dovrebbe ottenere fra i 150 e i 190 deputati, decine in meno di Ensemble!.
Un altro problema politico, per Macron, potrebbe infine essere la sconfitta di alcuni suoi ministri: secondo Radio France Internationale sono almeno tre a rischiare seriamente di non ottenere un posto nell’Assemblea Nazionale, cosa che potrebbe spingerli a dare le dimissioni. Sono il ministro per gli Affari europei Clement Beaune, la ministra per la Transizione ecologica Amelie de Montchalin e Stanislas Guerini, che oltre ad essere ministro per i Servizi pubblici è anche capo di La République En Marche!, il partito a cui appartiene Macron.