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L’accordo sul gas tra Stati Uniti e Unione Europea

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Venerdì Stati Uniti e Unione Europea hanno annunciato un nuovo accordo che prevede l’aumento delle forniture di gas americano ai paesi europei, con l’obiettivo di ridurre e progressivamente eliminare la dipendenza europea dal gas russo. Non potendo farne a meno, infatti, i paesi europei stanno continuando a comprarlo, nonostante la guerra: pagano alla Russia centinaia di milioni di euro al giorno, e allo stesso tempo si rifiutano di imporre sanzioni specifiche sulle esportazioni di gas. L’accordo è dunque un segnale positivo per l’Europa, anche se per varie ragioni è ancora molto limitato rispetto agli obiettivi complessivi.

L’accordo prevede che nel 2022 gli Stati Uniti, il primo paese per produzione di gas al mondo, inviino almeno altri 15 miliardi di metri cubi di gas in Europa, in aggiunta ai 22 miliardi già previsti, arrivando quindi ad almeno 37 miliardi di metri cubi di gas per quest’anno. L’obiettivo finale dell’accordo è arrivare a importare 50 miliardi di metri cubi di gas l’anno entro il 2030.

Anche se dimostra la reale intenzione dei paesi europei nel diversificare i propri fornitori di fonti energetiche, l’accordo non è comunque sufficiente a rendere i paesi europei indipendenti dal gas russo, almeno nel breve termine.

Innanzitutto perché le forniture previste di gas americano restano comunque irrisorie rispetto a quelle importate dalla Russia, equivalenti a circa 150 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il gas russo copre attualmente circa il 40 per cento del fabbisogno energetico complessivo (in Italia, il paese più dipendente dal gas russo insieme alla Germania, nel 2021 quasi il 40 per cento del gas è arrivato dalla Russia): l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea ne garantirà poco più della metà, il 24 per cento.

Il gas americano, poi, arriverà ai paesi europei allo stato liquido, dato che non esiste un gasdotto diretto che colleghi Stati Uniti ed Europa. Per poter usare il gas che arriverà dagli Stati Uniti serviranno quindi attrezzature specifiche: navi metaniere, terminal per riceverlo e gasdotti per trasportarlo, innanzitutto, e soprattutto i rigassificatori, cioè le strutture che servono per far tornare il gas allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore.

Sia i terminal per importare il gas naturale liquefatto che i rigassificatori attualmente esistenti in Europa non bastano per gestire l’intero approvvigionamento energetico dell’Unione: il paese con più impianti in questo senso è la Spagna, che ha 6 rigassificatori, seguita da Regno Unito e Francia. L’Italia ne ha tre, la Germania nessuno. Sia la costruzione di rigassificatori che quella dei terminal per ricevere il gas naturale liquefatto fanno parte degli obiettivi della “task force” congiunta annunciata venerdì da Stati Uniti e Unione Europea, insieme all’accordo sulle forniture del gas.

Per rendersi davvero indipendenti dal gas russo, infine, i paesi europei dovranno fare accordi anche con altri paesi fornitori di gas naturale liquefatto (come l’Algeria, il Qatar o l’Australia), oltre che investire sulle fonti rinnovabili.

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