La via per la sovranità energetica passa da un sano realismo




30 Giugno 2022 – 15:08




Francesco Giubilei in Sovranità energetica analizza le prospettive per l’Italia di uscire dalla trappola della dipendenza e dal boom dei prezzi. Una via che passa per il realismo e il pragmatismo




La via per la sovranità energetica passa da un sano realismo





Sovranità fa rima con pragmatismo e realismo. Soprattutto sull’energia. Si potrebbe riassumere così, in forma chiara, Sovranità energetica, il nuovo saggio di Francesco Giubilei dedicato proprio ai temi della crisi strutturale del nostro sistema di approvvigionamento energetico e alle modalità con cui un Paese come l’Italia può risolverlo.

Il saggio di Giubilei mette in fila i mali atavici della politica energetica di un Paese dipendente dalle importazioni per oltre tre quarti del suo fabbisogno in una fase in cui la guerra russo-ucraina e il boom dei prezzi che l’ha preceduta da un lato mettono alla luce rischi e vulnerabilità strutturali e dall’altro aprono a un nuovo momento di creatività politica. La stessa creatività che, ricorda Giubilei nel saggio, contraddistinse l’Eni di Enrico Mattei nella fase della ricostruzione post-bellica. Mattei agì alla guida dell’Agip prima e dell’Eni poi per creare sviluppo attraverso l’energia, valorizzare lo spirito imprenditoriale e le capacità del Paese attraverso la garanzia della sicurezza delle fonti, dando sostanza, nota Giubilei, alla “ricostruzione di uno Stato fondato sul lavoro e l’abbandono della dipendenza da nazioni straniere”. Ieri si trattava di sostituire la dipendenza dal carbone da un lato e l’egemonia delle compagnie petrolifere angloamericane sul petrolio nazionale dall’altro con rapporti originali nelle forniture di greggio nel quadrante mediterraneo e africano; oggi, invece, di creare un mix energetico tra gas e rinnovabili in grado di porre l’Italia vicina alla sicurezza energetica assoluta e di valorizzare l’industria e la tecnologia del sistema-Paese, ma la stella polare del realismo resta comune.

Nulla, in altre parole, deve restare intentato se serve a alleviare il conto energetico del Paese. Giubilei nel saggio avverte circa i rischi della dimenticanza della lezione di Mattei: pertanto, definisce problematico l’abbandono delle decine di miliardi di metri cubi di gas lasciati a sopire nell’offshore nazionale o la tentazione di un ambientalismo emergenziale o di maniera che subordini a obiettivi irrealistici la pur importante sfida della transizione energetica. Casi come il recente piano sull’auto elettrica votato dal Parlamento Europeo dimostrano la miopia di tale approccio.

Quella che ieri era la dipendenza dell’Italia dalle major energetiche americane e britanniche può diventare, ammonisce Giubilei, la transizione tra la dipendenza dal gas russo a quella del settore tecnologico cinese, protagonista della transizione, se questa manovra sarà compiuta senza adeguata preparazione; “c’è poi”, nota Giubilei, “un rischio ulteriore legato all’aumento dell’inflazione (scenario che si sta verificando) con una possibile crisi economica. Per realizzarsi, la transizione ecologica necessita stimoli fiscali imponenti e una richiesta enorme di materie prime e, se al criterio della progressività si preferisce quello emergenziale per attuare la rivoluzione verde”, diventerà fisiologico “aspettarsi shock economici” e inefficienze.

La stella polare del realismo deve dunque ruotare attorno al perno costituito da pochi, semplici presupposti, rintracciabili nell’analisi di Giubilei: diversificazione delle fonti sui combustibili fossili e creazione di un sistema di mercato efficace per le rinnovabili; collaborazione tra pubblico e privato per l’innovazione e la programmazione energetica; rifiuto degli interventi top-down volti a imporre artificiali accelerazioni nella transizione; utilizzo del gas come risorsa-ponte; ricerca a livello italiano ed europeo del massimo gradiente di autonomia e tecnologia evitando sia la tentazione del “Leviatano climatico” centralista che del “Mao climatico” alla cinese, unione di autoritarismo e dirigismo che non rispetta le comunità locali e i bisogni delle popolazioni.

La crisi energetica si può e si deve risolvere e rappresenta una battaglia comune, oltre ogni ideologia e in cui, anzi, proprio il pensiero politico può, se fatto camminare sulle sue gambe, giocare un ruolo che l’ambientalismo radicale nega. Non a caso Giubilei sposa la visione laburista dell’opera di Mattei propria del suo ex collega, biografo e esponente della Sinistra radicale Nico Perrone unendola all’attenzione data al tema dei rincari energetici da uno studioso tecnico del settore come Gianclaudio Torlizzi (autore di Materia rara) e al rifiuto di qualsiasi “populismo energetico” propugnato da un economista liberale come Carlo Stagnaro. Visioni eterogenee ma che si possono completare a vicenda laddove si stabilisce un obiettivo politico comune. E in quest’ottica la strategia non può che essere, per l’Italia, altra se non quella di tendere a un massimo gradiente di diversificazione negli approvvigionamenti e sovranità nel mix energetico nazionale promuovendo le migliori individualità accademiche, tecnologiche e imprenditoriali sia nello sviluppo della transizione che nel governo delle sue conseguenze. Questo può produrre l’effetto di abbattere i costi in bolletta ai cittadini e di mettere al servizio dell’uomo e del lavoro la transizione. Realizzando quello che in fin dei conti dovrebbe essere l’obiettivo di ogni operatore interessato nella transizione e nella lotta alla crisi climatica ed energetica che viviamo oggigiorno.























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