News ultima ora

La strategia della Svezia contro il Covid è stata un fallimento, ora ci sono le prove: morfina invece di ossigeno, bimbi usati per diffondere il virus e manipolazioni

image_pdfScarica articolo/Blogimage_printStampa articolo/Blog

Disamina impietosa sull’Agenzia di Salute Pubblica: «Non ha basato i consigli su prove scientifiche, il popolo svedese è stato tenuto all’oscuro di fatti fondamentali, agli anziani morfina anziché ossigeno, i bambini usati per diffondere il virus». Nel documento la prova della scelta fatta tra chi curare e chi no

L’approccio svedese all’epidemia di Covid è stato un fallimento. È quanto emerge dal primo studio scientifico sistematico sulla strategia della Svezia nella gestione della pandemia realizzato a due anni dai primi contagi,
pubblicato su Humanities & Social Sciences Communications tramite Nature.com.






Come è noto l’approccio della Svezia era orientato a evitare una chiusura della società per limitare il più possibile i danni economici, cercando un’immunità di gregge «naturale» e senza imporre mai lockdown, né limitazioni alla libertà di commercio e movimento dei cittadini, ma facendo affidamento sulla responsabilità individuale (ristoranti e scuole per i bambini sotto i 16 anni, per esempio, sono rimasti aperti e in presenza per tutta la pandemia). «Questa strategia svedese del laissez-faire ha avuto un grande costo umano per la società svedese» e «diversi studi hanno dimostrato che i costi umani sarebbero stati significativamente inferiori in Svezia se fossero state attuate misure più severe, senza impatti più dannosi sull’economia» scrivono gli autori dello studio, scienziati di università del Belgio, della Svezia e della Norvegia, un «gruppo multidisciplinare con un background in epidemiologia, medicina, studi religiosi, storia, scienze politiche e diritti umani», che è stato «consigliato da diversi esperti indipendenti nazionali e internazionali», ha esaminato tutti «gli articoli scientifici rilevanti, sottoposti a revisione tra pari, pubblicati sulla gestione della pandemia in Svezia e negli altri Paesi nordici» e ha «cercato di raccogliere tutte le conversazioni via e-mail, gli ordini del giorno delle riunioni, gli appunti delle riunioni e i comunicati stampa delle parti interessate coinvolte nel processo decisionale a livello nazionale» appellandosi alle «leggi sulla libertà d’informazione».

Il governo svedese ha delegato la gestione della pandemia all’Agenzia di Salute Pubblica, che però dal 2014 aveva licenziato o trasferito tutti i suoi più autorevoli consulenti scientifici all’Istituto Karolinska. «Con questa configurazione, l’autorità mancava di competenza e poteva ignorare i fatti scientifici» spiega il rapporto. «L’Agenzia della Salute Pubblica non ha basato i suoi consigli su prove scientifiche ma su preconcetti sulle pandemie influenzali e sull’immunità di gregge, affidandosi principalmente a un piccolo gruppo consultivo con un focus disciplinare ristretto e una competenza troppo limitata», è stata «sistematicamente scorretta nelle sue valutazioni del rischio, e ha ignorato le prove scientifiche sulle strategie di soppressione, la trasmissione per via aerea». Inoltre ha «etichettato i consigli degli scienziati nazionali e delle autorità internazionali come posizioni estreme, facendo sì che i media e gli organi politici accettassero invece la propria politica (Qui l’intervista al regista della strategia di Stoccolma: «Da noi niente lockdown e ora non c’è la seconda ondata»).

Il popolo svedese è stato tenuto all’oscuro di fatti fondamentali

come la trasmissione aerea del Sars-Cov-2, che gli individui asintomatici possono essere contagiosi e che le maschere facciali proteggono sia il portatore che gli altri» si legge ancora nel rapporto. Le conseguenze pratiche di questa scelta sono state deleterie.

Ecco come le descrive il rapporto pubblicato da Nature.com
:

• «A molti anziani è stata somministrata morfina invece di ossigeno, nonostante le scorte disponibili, ponendo fine di fatto alla loro vita».

• «La decisione di fornire cure palliative a molti adulti anziani è molto discutibile; pochissimi anziani sono stati ricoverati per il Covid 19. Un trattamento appropriato (potenzialmente salvavita) è stato negato senza esame medico, e senza informare il paziente o la sua famiglia o chiedere il permesso. Molti funzionari hanno continuato a negare ogni responsabilità, e c’è stata solo una limitata protesta pubblica in Svezia quando questo è venuto fuori, la narrazione comune è che quelli nelle case di cura sono destinati a morire presto comunque».

• «Durante la primavera del 2020, molti individui non sono stati ricoverati negli ospedali e non hanno nemmeno ricevuto un esame sanitario poiché non erano considerati a rischio, con il risultato che gli individui sono morti a casa nonostante avessero cercato aiuto. Inoltre, c’erano istruzioni di triage disponibili nella regione di Stoccolma, che mostravano che gli individui con comorbidità, indice di massa corporea superiore a 40 kg/m2, età avanzata (80+) non dovevano essere ammessi in unità di terapia intensiva, poiché “era improbabile che si riprendessero”».

• «Nonostante i segnali preoccupanti di diversi ospedali che hanno superato i loro limiti, l’Agenzia per la salute pubblica e il governo hanno continuato a sostenere che c’erano ancora letti di terapia intensiva disponibili in Svezia, e che la loro strategia non è fallita poiché sono stati in grado di mantenere il contagio a livelli che il sistema sanitario poteva gestire. Tuttavia, la Svezia ha ottenuto il punteggio più basso sull’accessibilità dei letti di terapia intensiva in base a uno studio di 14 Paesi europei che ha esaminato l’impatto sul tasso di mortalità da Covid 19».

• «L’Agenzia della Salute Pubblica ha negato o declassato il fatto che i bambini potessero essere infettivi, sviluppare malattie gravi, o guidare la diffusione dell’infezione nella popolazione; mentre le loro e-mail interne indicano il loro obiettivo di usare i bambini per diffondere l’infezione nella società».

• «Ci sono stati anche rapporti su disuguaglianze e ingiustizia sociale come conseguenza della risposta della Svezia, in particolare con gli anziani, le persone nelle case di cura, gli individui con un background migratorio e i gruppi socio-economicamente meno avvantaggiati (anche di giovane età) colpiti dall’eccesso di mortalità. Questa narrazione della disuguaglianza è stata apertamente comunicata dai funzionari, compresa l’Agenzia della Salute Pubblica, sostenendo che “l’infezione da coronavirus nelle case di cura può essere stata diffusa dal personale con scarsa padronanza della lingua svedese”, “abbiamo una maggiore diffusione a causa della maggiore popolazione immigrata”, “solo gli stranieri si ammalano”, “solo le persone che sembrano turisti indossano maschere facciali in pubblico”. Non sono stati fatti sforzi significativi per diminuire queste disparità».

Oltre alle decisioni sanitarie discutibili, lo studio mette in evidenza la mancanza di trasparenza delle autorità svedesi, e parla addirittura di «segretezza, insabbiamento e manipolazione dei dati». «Per esempio, anche se molte delle persone coinvolte hanno dichiarato pubblicamente che le maschere facciali non erano necessarie, o addirittura “pericolose” o controproducenti hanno poi affermato di essere sempre state a favore del loro uso. L’Autorità svedese per l’ambiente di lavoro e l’Epidemiologo di Stato hanno persino iniziato a cancellare le e-mail in proposito richieste dai giornalisti. Anche se questo è illegale, la pratica di trattenere le informazioni e cancellare le e-mail è diventata diffusa tra le agenzie ufficiali durante la pandemia portando a una cosiddetta “gestione ombra”, poiché apparentemente il rischio di sanzioni legali è molto basso per i detentori del potere» si legge nel rapporto.

Le conclusioni sono una condanna senza appello della politica della Svezia che getta ombre inquietanti anche sulla sua democrazia. «Questa pandemia ha rivelato diversi problemi strutturali nella società svedese, a livello politico e giudiziario, nella sanità, nei media ufficiali e nella burocrazia, con il decentramento, la mancanza di responsabilità e indipendenza, e il rifiuto di informazioni accurate e complete al pubblico come problemi ricorrenti a diversi livelli». Ancora: «La messa in discussione critica, anche da parte di scienziati ed esperti di fama internazionale, divenne rischiosa, persino pericolosa, in un Paese dove il conformismo era incoraggiato dai media nazionali». Secondo gli autori dello studio c’è stato un «problema di responsabilità evasiva, governance autocratica, insabbiamento e segretezza» simile alla «sovietizzazione» politica. «Ci si aspettava da tutta la popolazione una fiducia a senso unico nelle “autorità”» spiegano. «Proteggere l’“immagine svedese” a livello nazionale e internazionale è sembrato essere più importante che proteggere la vita degli abitanti della Svezia, compresi gli operatori sanitari, gli anziani, gli individui con fattori di rischio (ad esempio, le comorbidità), i gruppi minoritari e le persone socio-economicamente meno avvantaggiate. Ciò è evidenziato dall’alto eccesso di mortalità in questi gruppi, dalla mancanza di adeguati dispositivi di protezione personale e dalla negazione dell’assistenza sanitaria. Rimane una mancanza di coscienza etica e l’abilità di includere il ragionamento etico nei processi decisionali; e la mancanza di compassione per le vittime della pandemia».

Il rapporto non lo nomina mai esplicitamente, ma come è noto l’architetto della strategia anti Covid svedese è l’ex epidemiologo di Stato Anders Tegnell, 65 anni. «Ex» perché si è dimesso il 9 marzo scorso, poco prima dell’uscita dello studio sul fallimento della sua strategia. All’epoca l’Agenzia di Salute Pubblica svedese aveva dichiarato che Tegnell si era dimesso per andare a lavorare come «esperto senior dell’Organizzazione mondiale della sanità» per coordinare la vaccinazione anti Covid nei Paesi poveri. Poi, dopo la pubblicazione del rapporto su Nature, si è dovuta correggere e ha spiegato che la comunicazione della nomina era stata prematura: «Pensavamo che il processo fosse concluso, ma ora abbiamo capito che è stato un errore da parte nostra», ha detto il portavoce Christer Janson all’agenzia Bloomberg
. «L’Oms ha chiesto alla Svezia un supporto tecnico per questo partenariato appena fondato, e dal momento che abbiamo nominato Tegnell in coordinamento con il governo svedese abbiamo pensato che tutto fosse sistemato».

12 aprile 2022 (modifica il 12 aprile 2022 | 12:30)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Read More

Lascia un commento