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La guerra pesa sulle stime di crescita: il Fmi taglia il Pil globale al +3,6%. L’Italia scende dal +3,8 al +2,3%

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MILANO – “La guerra affievolisce lo scenario economico globale, mentre l’inflazione accelera”. Così il blog di Pierre-Olivier Gourinchas, a capo della ricerca economica del Fondo monetario internazionale, inquadra lo scenario del nuovo World economic outlook dello stesso Fmi. Un documento che come da attese taglia la crescita globale puntando il dito contro l’invasione russa in Ucraina, una “crisi che si sviluppa quando ancora l’economia globale non si era pienamente ripresa dalla pandemia”. Come da attese, gli altri grandi responsabili del rallentamento in atto sono l’inflazione che aveva già fatto capolino con tutta la sua pericolosità prima del conflitto, chiamando le Banche centrali a un intervento per smorzare i prezzi, e i lockdown in Cina che mettono a rischio l’andamento del Dragone e le catene di approvvigionamento globali.

“Oltre al suo immediato e tragico impatto umanitario – si legge nella diagnosi del Fondo –  la guerra rallenterà la crescita economica e aumenterà l’inflazione. I rischi economici complessivi sono aumentati in modo brusco, e i compromessi politici sono diventati ancora più impegnativi”. Il conflitto infatti, argomenta il Fmi, “si aggiunge alla serie di shock di approvvigionamento che hanno colpito l’economia globale negli ultimi anni. Come le onde sismiche, i suoi effetti si propagheranno in lungo e in largo attraverso i mercati delle materie prime, il commercio e i collegamenti finanziari”.

E così la previsione dell’istituto di Washington per la crescita del 2022 scende al 3,6%, stessa cifra indicata per il 2023: significa rispettivamente 0,8 e 0,2 punti meno delle previsioni di gennaio. La guerra e le sanzioni generano un forte contraccolpo sulle economie di Russia (-8,5% previsto) e Ucraina (-35% con la prospettiva che “anche se il conflitto dovesse finire presto, la perdita di vite umane, la distruzione e la fuga dei cittadini limiteranno severamente l’attività economica per anni”), mentre per il complesso dell’Eurozona la stima viene tagliata di 1,1 punti percentuali per le conseguenze indirette della crisi di Kiev: dal blocco dei Paesi membri arriva il secondo “contributo” negativo al peggioramento delle stime, alle spalle della Russia.

In questo contesto l’Italia sperimenta una delle più pesanti sforbiciate. Per il Belpaese, gli economisti del Fmi mettono in conto una crescita del 2,3% quest’anno e dell’1,7% il prossimo. Si tratta di un dato inferiore a quello indicato dal Def del governo, che ha messo l’asticella al 3,1 per cento. A scorrere la tabella delle previsioni, poi, emerge come la sforbiciata di 1,5 punti subita rispetto alle stime di gennaio (che diventano ben -1,9 punti rispetto a ottobre) per quest’anno è tra le peggiori in Europa, solo dietro la Germania a -1,7 punti. Le motivazioni affacciate per spiegare le performance di Italia e Germania sono l’importanza relativa del comparto manifatturiero nelle loro economie e la maggior dipendenza dalla Russia per l’import energetico.

Per gli Usa, infatti, la variazione non è così significativa (-0,3 punti a +3,7% per quest’anno). E anche la Cina, nonostante le difficoltà dei lockdown, scende di 0,4 punti al +4,4%: un obiettivo comunque ben lontano dal +5,5% indicato dal governo di Pechino. 

Nel dettaglio delle previsioni per l’Italia, il Fmi scrive che il debito pubblico si attesterà al 150,6% del Pil nel 2022 e al 148,7% nel 2023. Al 2027 il rapporto debito-pil sarà al 142,9%. Nel 2021 si era invece attestato al 150,9%. Il deficit calerà quest’anno al 6,0% dal 7,2% del 2021, mentre nel 2023 scenderà al 3,9% (fino a raggiungere il 2,5% nel 2027). La disoccupazione è vista in calo dal 9,5% dell’anno scorso al 9,3% quest’anno, per poi risalire al 9,4%. La disoccupazione italiana risulta superiore alla media dell’area euro, dove per quest’anno e il prossimo si prevedono tassi rispettivamente del 7,3% e del 7,1%.

La folle corsa dell’inflazione

di

Vittoria Puledda

Raffaele Ricciardi


Un quadro difficile, dunque, con le prospettive che sono sensibilmente peggiorate. Le tensioni sui prezzi hanno portato a proiezioni di inflazione del 2022 del 5,7% nelle economie avanzate e dell’8,7% nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, 1,8 e 2,8 punti percentuali in più rispetto alle proiezioni dello scorso gennaio. Fattori di “rischi al ribasso”, come dicono gli economisti per sintetizzare che sono maggiori le probabilità di un peggioramento delle stime rispetto alle attuali, nel quale il “pericolo chiaro” della volata dei prezzi e di un debito pubblico già alto in molti paesi chiama la politica a tenere alta la guardia considerato anche il limitato spazio di bilancio. A preoccupare gli esperti di Washington è rischio di una frammentazione economica in blocchi geopolitici: sarebbe uno “spostamento tettonico” che rappresenterebbe la maggiore sfida alle regole che governano le relazioni internazionali ed economiche da 75 anni.

Nel documento del Fondo si elabora anche uno scenario in cui le sanzioni contro il petrolio e il gas russi vengono irrigidite a metà di quest’anno, portando a prezzi più elevati delle materie prime, interruzioni delle catene di approvvigionamento e condizioni finanziarie più restrittive per il resto del mondo. In un tale contesto, il Pil nell’Unione europea sarebbe di circa il 3% al di sotto dello scenario di base nel 2023, con il PIL globale del 2% al di sotto del valore di base e l’attività che rimarrebbe di circa l’1% sotto lo scenario base fino al 2027.

Le stime di crescita nel nuovo rapporto del Fmi

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