Il “tour” del degrado sul Tevere: sotto i monumenti immondizia e baracche

“Quella che vedete lì in fondo è la cupola di San Pietro, e questa qui davanti è una piccola tendopoli. Che dire: la vista sul fiume c’è e non si pagano né Imu né Tasi”. Alessio la butta sullo scherzo. Ma spiegare a turisti e scolaresche perché le banchine del fiume sono costellate di accampamenti abusivi, anche nel cuore della città, è diventato sempre più difficile. A bordo dell’Agrippina Maggiore, uno dei battelli che naviga lungo il Tevere per permettere ai visitatori di ammirare la città dall’acqua, c’è un gruppo di studenti delle scuole medie. I ragazzi contemplano Castel Sant’Angelo, il “cupolone” di San Pietro. Ma poi lo sguardo si sofferma inevitabilmente sui rifiuti che emergono in prossimità degli argini: monopattini elettrici, biciclette, resti di indumenti, plastica, masserizie. Insomma, tra la vegetazione selvaggia, che in alcuni punti quasi inghiotte le banchine, si può trovare la qualunque.

E benché Alessio, la loro guida, continui a ripetere che il Tevere in realtà è uno dei fiumi più puliti al mondo, l’occhio continua ad essere attirato da tende e cartoni sistemati sulla riva. L’informazione è documentata. Lo scorso gennaio ad assicurare che le acque del fiume “biondo” non temono rivali in quanto a limpidezza, almeno nel tratto di 56 chilometri che va da Castel Giubileo a Ostia e Fiumicino, era stato il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Erasmo D’Angelis. Ma la gestione del corso d’acqua che attraversa la Capitale lascia ancora a desiderare. “Le espressioni dei turisti sono eloquenti”, ci dice Pino, il capitano del battello, che da quasi mezzo secolo accompagna i visitatori alla scoperta del corso d’acqua. “È ovvio che non sono contenti di trovare una situazione di questo tipo, e non lo sono neanche io”, si sfoga. Ma al degrado che prolifera sulle banchine sembra non esserci rimedio.

“Ogni tanto sgomberano qualche insediamento, ma la sera stessa sono di nuovo lì”, dice allargando le braccia. Se ci si imbarca da ponte Risorgimento, all’altezza di Piazza Mazzini, in Prati, di accampamenti se ne incontrano almeno sette. Alcuni sono nascosti bene tra la vegetazione. Altri, come nel caso delle tende piazzate sotto ponte Sant’Angelo e all’altezza di ponte Sisto, dal lato di Trastevere, sono fin troppo visibili. Tanto da rubare la scena ai monumenti simbolo della città. Accanto alle canadesi posizionate a ridosso dei muraglioni non mancano cumuli di spazzatura, barbecue e sacchi a pelo. Gli inquilini non si scompongono e osservano serafici la vita che scorre sull’acqua e gli stranieri che si scattano foto ricordo.

“È una situazione surreale, che lascia a bocca aperta chi viene in visita a Roma”, denuncia Stefano Donghi, agente di viaggi e vice presidente Confapi Lazio Turismo. “Da Ponte Milvio ad Ostia le banchine del fiume sono costellate di accampamenti, in alcuni tratti la vegetazione ha preso il sopravvento e gli argini – denuncia – assomigliano ad una vera e propria giungla urbana”. Da addetto ai lavori ci tiene a sottolineare che quella di ammirare la Città Eterna dal suo fiume è un’esperienza che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita. Ma al momento riuscirci è un’impresa. Le compagnie che offrono un servizio di questo tipo si contano sulle dita di una mano e le infrastrutture sono praticamente assenti. “Per raggiungere approdi centralissimi, come quello di Castel Sant’Angelo o dell’Isola Tiberina bisogna scendere scale piene di immondizia, e poi – lamenta ancora Donghi – è impensabile che non ci sia neppure un ascensore per permettere di fruire gli argini a persone con mobilità ridotta, come disabili e anziani”.

Gli operatori, come Alessio, della cooperativa Gite sul Tevere, si dicono disposti a sistemare i “banchinaggi” anche a proprie spese. Ma un intervento dell’amministrazione non è più rinviabile secondo il consigliere leghista Fabrizio Santori: “I turisti stanno tornando e questo è lo spettacolo che Roma offre, tra immondizia, accampamenti e vegetazione incolta”. “I fiumi vanno valorizzati come accade in qualunque altra città europea, questo tratto del Tevere – incalza – ha delle grandissime potenzialità turistiche e di mobilità, bisognerebbe soltanto sfruttarle, ma l’amministrazione finora non ha fatto nulla”.

Un segnale in questo senso è arrivato proprio dal Campidoglio nella giornata di venerdì, con l’approvazione da parte della giunta Gualtieri di una memoria riguardante la predisposizione di un Piano strategico e operativo per il Tevere. L’obiettivo, ha sottolineato l’assessore all’Urbanistica, Maurizio Veloccia, è quello di “restituire alla fruizione pubblica ampie aree a ridosso del fiume” attraverso “la sistemazione delle banchine, la riqualificazione degli argini, la sistemazione dei muraglioni e la rifunzionalizzazione dei percorsi ciclabili”. Oltre a implementare progetti sulla tutela del verde, creando “oasi botaniche” e “sostenibili”. Ma in attesa che tutto questo diventi realtà, a rubare la scena alla “grande bellezza” di Roma restano baraccopoli e discariche abusive.

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