Il Sangiovese? Uno studio rivela: il vitigno è “figlio” della Calabria
Evviva la Calabria… evviva il Sangiovese. Recenti studi internazionali sull’origine del vitigno considerato il principe della Toscana, in realtà collocano in Calabria la famosa uva a bacca rossa che dà vita al Brunello di Montalcino, oltre che ad altri numerosi vini rossi toscani, emiliani e romagnoli. Analisi scientifiche, infatti, testimoniano come il Sangiovese, insieme con l’uva Mantonico, debba essere considerata una varietà chiave nello sviluppo della piattaforma ampelografica calabrese e del Sud Italia. Una nuova verità che dà vita a una rivoluzione nel mondo del vino, dal punto di vista genealogico. È quanto spiegato dalla dottoressa Manna Crespan, massima esperta in materia, ricercatrice del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) di fama internazionale, in una conferenza che si è tenuta nei giorni scorsi a Cosenza, durante il Concorso Mondiale di Bruxelles, compentizione che da trent’anni seleziona prodotti di qualità da ogni angolo del globo, analizzati da centinaia di giurati.
Una novità che suscita sorpresa: il Sangiovese è infatti da sempre visto come il vitigno simbolo della Toscana, che dà vita in purezza (o in altri casi in prevalenza) ai vini più importanti della regione e d’Italia. Il Brunello, certo, ma pensiamo anche al Chianti Classico, al Vino Nobile di Montepulciano, al Morellino di Scansano, al Chianti. Eppure, come mostra l’albero genealogico realizzato da Crespan, questa varietà, incrociata ad altre, ha dato vita alle più importanti e diffuse uve della Magna Grecia. Qualche esempio? Gaglioppo, Nerello Mascalese, Mantonicone… “Studi genealogici mostrano una storia diversa rispetto a quella che avevamo appreso nel passato – spiega Crespan – e cioè che il Sangiovese, insieme col Mantonico, ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo delle altre varietà autoctone della Italia meridionale”. L’esperta nella sua ricerca spiega che gli studi genealogici, cioè la ricostruzione dei rapporti di parentela fra i vitigni, hanno avuto un boom a partire dalla scoperta dei genitori del Cabernet Sauvignon, nel 1997. “A parte il considerevole interesse scientifico, queste ricostruzioni hanno anche un interesse culturale ed economico – dice la studiosa – perché contribuiscono al cosiddetto “story telling” così affascinante nel racconto del vino. Anche per la Calabria, al pari di altre zone viticole, esistono alcuni vitigni di particolare interesse per la comprensione dello sviluppo e dell’evoluzione della piattaforma ampelografica attuale. Due varietà, in particolare, sono state individuate come genitori ricorrenti: e sono appunto il Mantonico bianco ed il Sangiovese”.
Risalire all’origine precisa delle uve ad oggi è pressoché impossibile: quello che sembra non suscitare dubbi, in generale, è la vite sia nata nella regione da Caucaso, nell’Eurasia, e da lì si sia diffusa verso ovest. ma le analisi non permettono di stabilire il momento e il luogo esatto della nascita dei singoli vitigni. Le nuove recenti scoperte, tuttavia, accreditano questa nuova ipotesi che coinvolge nello specifico Sangiovese e Mantonico. Avvalorata anche da un altro recente studio (del 2021) condotto dal professor Francesco Sunseri con l’esperto Francesco Mercati e con la stessa Crespan, che, con un approccio scientifico diverso, giunge comunque alla stessa conclusione e colloca il Sangiovese, in pieno, con le varietà dell’Italia del Sud, e non con quelle del Centro e del Nord.
“Il Sangiovese è un vitigno ben noto. Coltivato lungo tutta la Penisola, è noto almeno dal 1590, è la principale varietà a bacca nera coltivata in Italia ed è alla base di vini famosi toscani. Le regioni in cui è maggiormente rinomato sono la Toscana e l’Emilia-Romagna, dove è noto rispettivamente dal 1590 e dal 1672 – spiega Crespan – Diversa la situazione del Mantonico bianco. In Calabria il nome “Mantonico” o “Montonico” è comunemente usato per indicare varietà diverse, a bacca bianca o nera. Affrontando lo studio di queste omonimie, è emerso il ruolo straordinario giocato dal Mantonico bianco o “Mantonacu viru”, cioè Mantonico vero. Si tratta di un vitigno minore della Calabria, iscritto solo recentemente (2014) nel Registro nazionale (codice 494). È coltivato per la produzione di vini varietali nella provincia di Reggio, lungo la costa ionica, dove è conosciuto anche come “Mantonico di Bianco” ed è localizzato soprattutto nella Locride, in agro di Bianco e di Casignana. Il Mantonico bianco è usato tradizionalmente per la produzione di vini dolci passiti, ma è adatto anche per vini da tavola pregiati e per vini spumanti. Dal punto di vista della genealogia, il Mantonico bianco ha giocato un ruolo importante nella generazione del germoplasma viticolo sia calabrese che siciliano. Infatti, incrociandosi con il Sangiovese ha dato origine al Gaglioppo ed al Nerello mascalese, che sono vitigni ben noti iscritti nel Registro italiano. Il Mantonico bianco può vantare un altro discendente illustre, essendo il genitore, con la Garganega/Grecanico dorato, del Catarratto. Il Catarratto è la più importante varietà della Sicilia e la quarta in ordine di superficie coltivata in Italia”.
Suscita curiosità anche la vasta gamma di sinonimi del Sangiovese, collocati nel Sud, come emerge dallo studio di Crespan, fra Calabria, Puglia e Sicilia: Nerello a Savelli (Crotone); Nerello campotu a Motta San Giovanni (Reggio Calabria); Puttanella a Mandatoriccio (Cosenza); Cela-Cela (Palermo); Preventivo (Messina); Tuccanese (Turi, Bari); Corinto nero a Scalea (Cosenza) e nelle Isole Eolie (Messina). “Non dimentichiamo – fa notare l’esperta – che in provincia di Arezzo il Sangiovese era conosciuto con l’appellativo di “Calabrese”. Inoltre, nella zona etnea Sangiovese e Ciliegiolo sono largamente presenti senza essere riconosciuti come tali”.
Altra rivoluzione copernicana sta nell’origine del Sangiovese in particolare nel suo rapporto col Ciliegiolo che non sarebbe il padre, come molti studi finora avevano ipotizzato, ma il figlio del Sangiovese, nato dall’incrocio con il Moscato Violetto. E chi sarebbe a questo punto il “babbo” del Sangiovese? “Non si può dire con certezza – risponde la ricercatrice – ma recenti studi tirano in ballo il vitigno chiamato Strinto Porcino”, dal cui “matrimonio” con la Visparola sarebbe tra l’altro nato il Carricante, altra uva del Sud molto nota e diffusa.
Risultati a cui è stato possibile arrivare grazie alle ricerche che negli ultimi decenni si sono intensificate. “Grazie ai numerosi studi che sono stati condotti sul germoplasma viticolo locale, la complessa matassa dell’identificazione varietale in Calabria si sta pian piano dipanando”, conclude Crespan. E per chi volesse approfondire, “un primo compendio di parte di questi sforzi si trova nel volume “Il Gaglioppo e i suoi fratelli” (2008), altre informazioni invece si possono trovare nel libro “Atlante dei vitigni e vini di territorio” (2022).