Il grido di ‘Croce Atroce’: “Tutti hanno il diritto di sentirsi se stessi. E liberi”
“Penso di essere una persona che si è emancipata solo con il tempo, perché prima non avrei mai pensato di poter realizzare tutto questo”: Simone Facchinetti, in arte drag Croce Atroce, finisce gli ultimi ritocchi del trucco davanti allo specchio del Toilet Club di Milano. Vestiti audaci e colori sgargianti sul viso ricordano lo stile del mondo circense e sono il suo marchio per andare in scena. In occasione del International Drag Day Croce Atroce si racconta, parla del suo percorso come artista all’interno del panorama lgbtqia milanese e di cosa voglia dire essere una drag, concetto sdoganato soprattutto tra le nuove generazioni che non si tirano più indietro quando si tratta di sperimentare.
“Quando un modo espressivo della realtà arcobaleno si diffonde è utile ed è bello perché fa parte del discorso della libertà di espressione: quando si fa drag ci si sente liberi”, racconta prima dello spettacolo. Parlando anche di stereotipi, come quello più diffuso: drag sono solo uomini che cercano di “fare la donna”. “Ma non è così. Essere drag non è necessariamente legato al tema all’identità di genere – continua Croce – per cui non importa che tu sia uomo, donna, non-binary o transgender. Tutti possono fare drag e ognuno ha il diritto di creare il personaggio che più rispecchia sé stesso”. Questo è il messaggio che cerca di trasmettere Croce in ogni sua performance: inclusività e senso di appartenenza da parte di una comunità che esalta l’unicità delle persone.
Servizio di Greta Dall’Acqua, giornalista praticante del master di Giornalismo dell’Università Iulm di Milano