I grandi bluff di un presidente impresentabile Dal Cerisdi a Sicilia e-Servizi, gli enti “risorti”
Capitolo nono. Crocetta ne aveva annunciato la “chiusura”. Poi ha cambiato idea. Il Centro del Castello Utveggio però ha denunciato mezzo milione di perdite e i lavoratori lamentano: “Da cinque mesi senza stipendio”. La società dell’informatica è al centro di inchieste contabili e penali che coinvolgono lo stesso governatore. E non sono gli unici casi.
PALERMO – Resuscitato, grazie a un miracolo del presidente della Regione. Crocetta ha preso il Cerisdi dalle polveri e lo ha fatto rinascere come l’Araba fenice. “E’ un ente inutile, che non fa altro che organizzare matrimoni” aveva tuonato il governatore, in preda al periodico ascesso moralizzatore. E aveva persino salutato con un ironico “Alleluja” le dimissioni del vecchio presidente Adelfio Elio Cardinale. “Bene, adesso possiamo chiudere il Cerisdi”. Ma quando mai.
In poche settimane è cambiato tutto. E non è una novità. Il governatore prima indica lo spreco, annuncia l’intenzione di cancellarlo, poi pensa che forse le “cure” prestate attraveso i dettami della rivoluzione, possano tornare utili per rendere “buono” ciò che era “cattivo”. È successo per Sicilia e-Servizi, ad esempio, una società finita in inchieste penali e contabili che riguardano anche lui. È successo per la Società patrimonio immobiliare, per il Mercato agroalimentare di Catania, per l’Ente di sviluppo agricolo. Tutti ancora lì. Resuscitati dal governatore.
Se parli con i dipendenti dell’ente del Castello Utveggio, però, non è che siano molti quelli convinti del “miracolo”. “Siamo senza stipendio da cinque mesi e ovviamente non abbiamo ricevuto la tredicesima”. Ma come? E l’ente finalmente “risanato”? A guardare bene i conti, in realtà, si scopre che forse la magia di Crocetta, anche questa volta, è riuscita fino a un certo punto. L’ultimo bilancio approvato dal cda del Cerisdi alla fine del 2014, infatti, riporta una perdita di esercizio pari a quasi mezzo milione di euro. La disponibilità liquida del Cerisdi è scesa da 402 a 151 mila euro. E, se nel frattempo si sono interrotti banchetti e feste, non è che siano sparite altre spese. Si tratta ad esempio dei compensi per le docenze dei corsi del Centro (72 mila euro in un anno) a cui aggiungere altri 30 mila euro alla voce “altre collaborazioni”, i 9.500 euro per altre consulenze, 41 mila euro solo per le consulente legali. E ovviamente, ecco i compensi per il consiglio di amministrazione: 110 mila euro, per il direttore del centro (10 mila euro) e per il collegio dei revisori dei conti (altri 27 mila euro).
Il cda, in questi anni, è mutato. Dopo l’era di Adelfio Elio Cardinale e la breve parentesi di Sebastiano Torcivia, la Regione ha scelto come presidente il giornalista Salvatore Parlagreco, direttore del giornale online Siciliainformazioni. Quel cda che ha lamentato, a margine dell’approvazione dell’ultimo bilancio, la riduzione del contributo erogato dalla Regione sulla base di una legge di oltre vent’anni fa. Un contributo, a dire il vero, che Crocetta aveva in qualche modo promesso di “azzerare”, vista l’inutilità, secondo il governatore, di quell’ente. E invece il contributo, sebbene ridotto, in finanziaria c’è ancora e per l’esercizio 2015 ammonta a 350 mila euro. Non male, comunque, per un ente che doveva scomparire.
Eppure il presidente era stato chiaro due anni fa, nel giorno delle dimissioni polemiche dell’allora presidente Adelfio Elio Cardinale. “Alleluia!” commentò sarcasticamente Crocetta, aggiungendo: “Il Cerisdi è uno dei classici enti mangiasoldi che volevo mettere in liquidazione con la finanziaria scorsa e che l’aula ha salvato con una serie di emendamenti finanziari a favore. E’ la duplicazione di tante altre cose ed è l’ora di smetterla di finanziare enti solo per mantenere una parte della casta. Valuteremo se esistono le condizioni per il commissariamento e avviare la liquidazione, in modo da restituire il castello alla pubblica fruizione”. Anche stavolta, dietro i toni rivoluzionar-moralizzatori, il nulla. Anche dal punto di vista giuridico, come gli fece notare a stretto giro, il successore di Cardinale, cioè Sebastiano Torcivia che, nello stigmatizzare i toni usati dal governatore (“non consoni a chi ricopre un ruolo come quello” aggiunse: “Il presidente non può mettere in liquidazione un ente, nel quale la regione non è socio. Infatti, la Regione (rectius il Presidente della regione) ha solo, ai sensi dello Statuto del Cerisdi, il potere di designazione di tre consiglieri e di nomina diretta del Presidente del centro, tra quelli designati”. Un potere utilizzato subito dopo, appunto. Con la sostituzione di Torcivia col giornalista Salvatore Parlagreco. Ma come, il Cerisdi, il carrozzone mangiasoldi non doveva essere chiuso? No, non verrà chiuso. Anzi, nell’ultimo esercizio perderà quasi mezzo milione, mentre i lavoratori ancora attendono lo stipendio da cinque mesi.
Ma del resto, la storia del Cerisdi resuscitato non è unica nell’era crocettiana. Era di resurrezione, appunto. È il caso ad esempio di Sicilia e-Servizi. Anche su questa società, il governatore aveva abbondantemente puntato il dito. E aveva fatto anche di più. Aveva inviato un fedelissimo per chiudere la società dell’informatica. Antonio Ingroia, infatti, giunge alla guida della società come “liquidatore”. Ma anche stavolta non verrà liquidato un bel niente. Quando i privati andranno via, lasciando in mezzo a una strada i dipendenti e, di fatto, tenendo in scacco la Regione, l’ex pm su mandato della giunta di governo, decide di assumere quei lavoratori. “Una delibera del genere, in tanti anni, non l’avevo mai vista”, commenterà in udienza il procuratore regionale della Corte dei conti Gianluca Albo. Anche perché poco prima la Regione sembrava aver imboccato la via “della legalità”, provando a internalizzare il servizio. Per poi cambiare idea. Una scelta quella delle assunzioni avvenuta, secondo i pm contabili, in violazione di legge e che ha portato al “rinvio a giudizio contabile” per Crocetta e Ingroia, oltre all’apertura di un fascicolo della Procura di Palermo. Ma insieme al Cerisdi e a Sicilia e-Servizi, non mancano altri casi simili. Al di là del generico riferimento di Crocetta, ad esempio, alla chiusura di quasi tutte le partecipate, finora tradottosi nel completamento della liquidazione di quattro piccole aziende con pochi lavoratori, basti ricordare ad esempio, la promessa di chiusura della “Società patrimonio immobiliare”, ancora in piedi (già che c’era, il governatore lì inviò uno dei suoi fedelissimi, Antonio Fiumefreddo), del Mercato agroalimentare siciliano, salvato anche grazie agli sponsor a Sala d’Ercole (gli esponenti dell’Mpa), del “carrozzone” Esa del quale più volte i deputati di centrodestra hanno chiesto la liquidazione, trovando una prima generica disponibilità del presidente della Regione, poi dimenticata (“In quel caso il processo di liquidazione sarebbe troppo complesso”, spiegò Crocetta). Anche in quel caso, il presidente della Regione lì invio un burorate amico: Francesco Calanna ha militato per il Megafono. Un uomo di fiducia, giunto all’ottavo rinnovo dell’incarico commissariale. Per chiudere l’ente più inutile tra gli enti inutili, cioè l’Arsea, mai entrato in funzione del tutto, Crocetta ha invece impiegato un anno e mezzo, dopo aver annunciato, con largo anticipo, anche in tv l’avvenuta chiusura di questa agenzia per le erogazioni in agricoltura. Anche in quel caso, infatti, il presidente ci aveva ripensato, mandando in Aula l’allora assessore Cartabellotta per spiegare che quell’ente non poteva essere chiuso. Poi, almeno su quel punto, l’Ars ha insistito. Così l’Arsea così non è risorto. Anzi, a pensarci bene, non era mai nato.