Hotspot di Lampedusa al collasso, adesso la procura apre un’inchiesta
Dovevano verificarsi altri (prevedibilissimi) sbarchi per far accendere nuovamente i riflettori sull’hotspot di Lampedusa. Una struttura, quella di contrada Imbracola, tornata a essere sotto pressione. Tanto da richiamare l’attenzione della procura di Agrigento, i cui magistrati hanno aperto un fascicolo a seguito degli ultimi video che hanno mostrato una situazione poco dignitodsa.
Al pomeriggio di lunedì si contavano più di 1.800 migranti ospitati. La capienza dovrebbe, occorre usare il condizionale, di 370 posti letto. Almeno secondo i dati del Viminale, da contratto con la cooperativa Grande Badia che si è aggiudicata l’appalto la capienza dovrebbe invece fermarsi a 228.
Ma al di là dei numeri, già ben esplicativi della situazione, a destare maggiore preoccupazione sono le condizioni igienico sanitarie dell’hotspot. Su Repubblica nelle scorse ore è stato pubblicato un reportage in cui è apparsa ben evidente la drammaticità che si è iniziata a vivere nelle ultime settimane, da quando cioè il flusso migratorio verso Lampedusa (e quindi verso l’Italia) è aumentato vertiginosamente.
Si parla di migranti che dormono, o provano almeno a farlo, in materassi sudici e sporchi di urina. I nuovi arrivati vengono ammassati alla meno peggio in angusti locali al di là del recinto che separa l’inferno dell’hotspot dal resto di un’isola che sta vivendo la sua consueta stagione turistica e dove i vacanzieri affollano regolarmente spiagge e alberghi.
L’inchiesta della procura
I video dei giorni scorsi hanno dimostrato una situazione al limite, di cui hanno parlato sia i sindacati della Polizia che dei Carabinieri. Del resto, le stesse forze dell’ordine sono costrette a turni massacranti per garantire scorta, assistenza e soccorso ai tanti migranti sbarcati. E sono quindi a stretto contatto con le sofferenze patite da chi all’interno dell’hotspot fatica a trovare condizioni minimamente accettabili dopo la traversata.
La colpa del collasso dell’hotspot è da attribuire unicamente ai numeri elevati che hanno portato a Lampedusa migliaia di migranti soltanto negli ultimi giorni? Oppure c’è dell’altro attribuibile alla gestione della struttura?
La domanda se la sono posta i magistrati di Agrigento, i quali hanno aperto un fascicolo al momento senza aver iscritto soggetti nel registro degli indagati. La decisione di aprire un’indagine, così come sottolineato su Repubblica, è nata dopo una verifica compiuta da ispettori inviati a giugno dal Viminale. Una verifica i cui esiti avrebbero riscontrato alcune inadempienze contrattuali a carico della cooperativa Grande Badia.
I vertici della società hanno chiarito a Repubblica di essere in regola. Questo anche se alcuni precedenti relativi alla cooperativa non sono tra i più confortanti. Alcuni manager infatti sarebbero indagati a Bari con l’accusa di frode allo Stato. Mentre il fondatore della Grande Badia, ossia don Sergio Librizzi, ex numero uno della Caritas di Trapani, è stato condannato a sei anni per induzione alla corruzione e a marzo, dopo la conferma della Cassazione, è tornato in cella.
La cooperativa in passato ha gestito anche il Cara di Mineo e il Cpr di Milo. Non proprio, specialmente riguardo al primo caso, esempi di gestioni virtuose. Anche su quelle strutture spesso si è addensata la scure di chi ha lamentato condizioni poco dignitose per gli ospiti.
Lampedusa è un’altra storia certamente e spetterà ai magistrati spulciare e verificare di chi è la responsabilità dell’attuale situazione. Intanto dall’isola continuano a partire le navi dirette a Porto Empedocle per svuotare l’hotspot. Una corsa contro il tempo: per un centinaio che partono, almeno un centinaio, se non di più, poi ne arrivano con altri barconi salpati dalla Tunisia.