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“Ha un problema di coerenza…”. Tutti gli errori del CamaleConte

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La quasi scomparsa dalle liste elettorali, la caduta libera nei sondaggi. Le spallate al governo, prima annunciate e poi smentite, l’amore odio con i dem, i rumors su un possibile divorzio dal M5s per un partito tutto suo, fino al verdetto che ne decreterebbe l’uscita di scena definitiva. Massimiliano Panarari, docente di sociologia della comunicazione all’Università Mercatorum esperto dei 5 stelle, spiega perché quella di Giuseppe Conte è una leadership mancata, tra “l’incompatibilità di fondo” con il MoVimento che dovrebbe guidare e un “populismo apprettato” che ormai non convince più.

In un anno di presidenza Conte il M5s ha perso costantemente punti nei sondaggi. Ha ragione Curzio Maltese che incolpa l’ex premier di aver messo in ginocchio il MoVimento perché ne ha ignorato i valori fondanti?

“Nel M5s in realtà i valori sono molto general generici. Come tutti i partiti neo populisti, è caratterizzato da un modello catch-all, cioè che piglia da tutte le parti grazie proprio alla genericità dei propri valori di fondo. Le istanze generiche della politica antisistema garantiscono un facile successo alle urne, ma poi il problema è la discrasia fra le promesse mirabolanti e le realizzazioni mancate. E questo è un ulteriore elemento di delusione e di destituzione presso l’elettorato 5 stelle”.

Rispetto a 5 anni fa il M5s ha presentato il 70% in meno delle liste elettorali. Questa ritirata tradisce proprio la paura della punizione degli elettori delusi?

“Prima cosa, c’è una difficoltà organizzativa sul territorio dovuta a forti contrasti interni che hanno via via distrutto il radicamento territoriale dei meet-up delle origini. Poi, essendo il M5s un movimento d’opinione nazionale considera la questione territoriale meno rilevante e la usa per scaricare gli scontri fra le varie correnti, che così faticano a trovare la quadra. Last but not least, il campo largo con il Pd è un’alleanza incerta con una distanza che Giuseppe Conte non perde occasione di rimarcare in campagna elettorale. Quindi essendo già deboli autonomamente i 5 stelle finiscono per essere minori anche nei casi in cui si presentano con il Pd”.

Allora domenica finirà male per il MoVimento?

“Dai sondaggi dovremmo assistere a un ulteriore ridimensionamento. Se così sarà le tensioni intestine continueranno a moltiplicarsi, anche se difficilmente esploderanno, continuando a logorare dall’interno. Mentre lo scontro principale, quello Di Maio versus Conte, potrebbe assumere i caratteri di guerriglia vera e propria con un problema: in questo caso investirebbe la tenuta del governo”.

Secondo Enrica Sabatini, il MoVimento paga l’errore di Conte “di voler qualcosa che tutti sapevano che non era in grado di ottenere, ossia essere il leader di una forza politica.” È così?

“Conte utilizza un linguaggio anti sistemico ma è stato presidente del Consiglio per due volte. Possiede un patrimonio personale di consenso che però non ha utilizzato nella scalata al MoVimento e che non coincide con quelle che erano le motivazioni anti sistemiche originarie per cui tanti hanno votato i 5 stelle. Quindi siamo di fronte a un paradosso, uno degli infiniti paradossi che riguardano la figura di Giuseppe Conte”.

L’ex premier ha preannunciato, per il 21 giugno, una resa dei conti in Aula sulla questione dell’invio delle armi in Ucraina. Molto rumore per nulla o la spallata ci sarà davvero?

“Credo che tutto dipenderà dal risultato delle amministrative. Molti sostengono che strappando e uscendo dal governo riguadagnerebbe punti e agibilità politica, ma questo non è detto e relegandosi a una posizione di opposizione potrebbe essere punito alle elezioni politiche dell’anno prossimo. Poi l’ala governista del MoVimento, guidata da Di Maio, e molti eletti che, con il taglio dei parlamentari difficilmente verrebbero riconfermati, non hanno alcuna intenzione di chiudere questa esperienza di governo. La mia idea è che Conte voglia alzare il più possibile la posta senza strappare”.

Il problema di Conte quindi è anche una comunicazione politica fatta di sparate propagandistiche che vanno a finire in niente.

“Sicuramente c’è un problema di coerenza. Il Movimento 5 Stelle ha avuto successo proprio per le sue proposte antisistema, ma poi con Conte questo ingranaggio si è scassato, perché non puoi essere antisistema e andare al governo due volte. Il populismo è stato congelato dalla pandemia, sterilizzato dal governo Draghi per confluire nelle istanze no vax e filopuntiniste. Ma c’è ancora, si gonfia a intermittenza e va alla ricerca di un’offerta politica che nel M5s di Conte non esiste, perché la verità è che Conte è un uomo di sistema. In politica è riuscito solo per un breve periodo ad essere il frontman dell’ala movimentista dei 5s, seppure un po’ apprettata, abituata a un’escalation simbolica dello scontro ad ogni mancato raggiungimento di obiettivi concreti. Un’alzata dei toni che, però, non è nelle corde di Conte.”

Gli manca la stoffa del leader politico?

“Una caratteristica del ‘CamaleConte’ è di essere molto adattabile alle circostanze, ha la capacità, come diceva Berlusconi, di farsi concavo e convesso. Ed è chiaro che quando il contesto è negativo è molto più difficile, perché bisogna prendere delle decisioni radicali che Conte non è in grado di prendere perché è un doroteo postmoderno. Non è un leader carismatico e decisionista, ma è un politico celebrtity”.

Però, sondaggi alla mano, il gradimento personale dell’ex premier supera il 30%, secondo solo a Giorgia Meloni.

“Conte è in grado di riscuotere consenso personale con caratteristiche che non sono politiche, ma legate alla sua figura, alla sua presentabilità di politico celebrity: del tutto incompatibile con il MoVimento. E un’ulteriore conferma ce la potranno dare le elezioni amministrative di domenica”.

Se il verdetto del tribunale di Napoli sulla validità dello statuto del M5s, e dunque della sua leadership, fosse negativo, Conte potrebbe prendere la palla al balzo e fondare un partito tutto suo?

“Fino ad ora non lo ha fatto per paura di rischiare, perché servono investimenti, strutture organizzative che in questo momento è complicato mettere in campo e perché la scommessa dei maggiorenti 5 stelle era che la sua popolarità potesse rivitalizzare il MoVimento. Cosa che evidentemente non sta riuscendo. Quindi, se la sentenza del tribunale fosse negativa potrebbe farlo ora. E sarebbe una nemesi per il M5s che ha molto giocato di sponda con alcuni pezzi della magistratura e ora vedrebbe il suo leader estromesso dalla stessa magistratura”.

Via Conte nel M5s sarebbero finiti i problemi?

“Non è un problema di leadership ma di ragione sociale di quello che il grande paradosso, la forma per eccellenza della politica post-moderna in Italia che è il M5s. Il MoVimento ha esaurito la sua spinta propulsiva e la mission per la quale è stato votato. Servirebbe un leader trasformatore capace di ridargli un’anima e nuovi obiettivi per esistere. Conte è solo un temporeggiatore adatto a contenere il declino. E comunque non è detto che avere una nuova mission basti, perché credo che il breve ciclo vitale del M5s sia arrivato al capolinea”.

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