Fortuna e declino del thriller erotico
Trent’anni fa di questi tempi, il film di cui più si parlava – presentato il 18 marzo 1992 – era Basic Instinct, preceduto da grandi attese e accolto con notevole interesse. Costato meno di 50 milioni di dollari, ne incassò più di 350. Fu per molti versi il massimo esempio di thriller erotico, un sottogenere cinematografico che iniziò ad affacciarsi negli anni Ottanta, andò fortissimo nei primi anni Novanta e poi iniziò a scomparire: prima dalle classifiche dei film più visti, poi proprio dai cinema.
Sul perché i thriller erotici si siano fatti sempre meno frequenti nei cinema, ci sono diverse ipotesi: una dice che è semplicemente cambiato il cinema, in cui si sono fatti rari proprio i thriller, non soltanto i thriller erotici che ne sono una particolare sottocategoria; altre parlano di diversi gusti e mutate sensibilità, che hanno fatto invecchiare in fretta, e spesso male, i thriller erotici; altre ancora vedono come principali colpevoli della loro sparizione gli schermi televisivi e tutti quelli da cui si può accedere al porno.
Nonostante tutto anche nel Ventunesimo secolo e perfino dopo il movimento #MeToo i thriller erotici hanno continuato a sopravvivere, spesso sottotraccia e comunque in un contesto di generale declino. In molti casi faticando a riadattare e riformulare un sottogenere parecchio legato a un punto di vista prettamente maschile, che oggi molti considerano sbagliato, o perlomeno inopportuno. Certi thriller erotici – che già furono criticati per certi aspetti negli anni Novanta – sembrano oggi più vecchi, superati e inattuali di quanto lo siano alcuni film degli anni Settanta.
È presto per parlare del ritorno dei thriller erotici, ma forse qualcosa si sta muovendo. Quantomeno tra chi scrive di cinema, visto che un po’ sull’onda dell’anniversario di Basic Instinct e un po’ in relazione a nuovi thriller erotici come The Voyeurs e Acque profonde, gli articoli sull’argomento sono molti, di diverso approccio.
Di recente, di thriller erotici si sono occupati tra gli altri The Ringer, Jezebel e Vulture, che alla questione ha dedicato tutta una serie di articoli inclusi nello speciale “make Hollywood horny again”, dove “horny” sta per “eccitato”. Da tempo, di thriller erotici si occupa anche con notevolissima dedizione il podcast Fatal Attractions, tutto dedicato a commento e analisi dei thriller erotici: uno per ognuno dei suoi finora 84 episodi.
Del presunto ritorno del thriller erotico ha parlato in questi giorni anche Francesco Gerardi su Rivista Studio, presentandolo come «un genere cinematografico che è stato un racconto dell’America degli anni Novanta, quella degli scandali sessuali in politica, dei sex tape rubati e del “sex is power”, evoluzione di quel “greed is good” (l’avidità è buona) che aveva invece caratterizzato gli anni Ottanta.
Il thriller erotico è un sottogenere fluido, ancor più difficile di altri da delimitare. Nonostante il nome, ancor più che del thriller è considerato un’evoluzione del noir, con l’evidente aggiunta della componente erotica, resa possibile da un più tollerante contesto culturale. I thriller erotici sono film in cui la paura e l’eccitazione devono andare di pari passo, possibilmente rendendosi l’una funzionale all’altra.
Linda Ruth Williams – autrice di The Erotic Thriller in Contemporary Cinema, librone del 2005 di quasi 500 pagine, ancora oggi abbondantemente citato quando si parla dell’argomento – definì così il sottogenere: «Sono storie di intrighi sessuali a tinte noir, che contengono crimini o doppiezze, che fanno sovente da fragile impalcatura per qualche scena di sesso softcore». Così come nel western ci sono sceriffi e pistoleri, nel thriller erotico ci sono seducenti ma temibilissime femme fatale e fall guy, uomini, di solito colletti bianchi della classe media, manipolabili e manipolati dalle femme fatale. Se nei western ci sono speroni, sparatorie e saloon, nel thriller erotico ci sono in genere ricatti, tradimenti, false identità e complicati triangoli relazionali.
Uno dei primi thriller erotici fu Brivido caldo, su una coppia di amanti che decidono di uccidere il ricco marito di lei. Lo diresse nel 1981 Lawrence Kasdan, e già il fatto che quel film fosse tratto dal romanzo del 1943 La morte paga doppio, già diventato il film di Billy Wilder La fiamma del peccato, dice molto sul fatto che il thriller erotico può essere considerato un noir con meno vestiti e più sesso.
Altri thriller erotici delle origini, di quando cioè ancora quasi nessuno li chiamava thriller erotici, furono Vestito per uccidere di Brian De Palma, chiaramente derivato da Psyco di Alfred Hitchcock (molti altri thriller erotici hanno in effetti molti elementi hitchcockiani), Omicidio a luci rosse, Seduzione pericolosa e Attrazione fatale. Per ognuno, per intuire l’appartenenza al genere, basta già il titolo. Furono film, ha scritto Nicholas Barber su BBC, che soddisfecero «spettatori che volevano una trama misteriosa che andasse di pari passo con il loro socialmente accettabile eccitamento».
All’inizio fu un sottogenere più che altro statunitense, ma poi arrivò anche altrove. Nel caso dell’Italia, arrivò peraltro contaminandosi un po’ con quello che già negli anni Settanta era stato il giallo all’italiana, da qualcuno chiamato spaghetti thriller.
Nessuno di questi film fu adorato dalla critica, ma tutti fecero il loro egregio dovere nei cinema e alcuni andarono anche oltre. Attrazione fatale, con Michael Douglas e Glenn Close che hanno un’avventura e lei che perseguita lui e la sua famiglia, incassò oltre 300 milioni di dollari (perfino più di Dirty Dancing), fu nominato a sei Oscar – compresi miglior film, miglior regia e miglior attrice – e per una sua scena, riguardante un coniglio, entrò nella lingua inglese con “bunny boiler”, usata in riferimento a una persona che non vuole saperne di essere lasciata.
Poi arrivò Basic Instinct, ancora con Douglas e soprattutto con Sharon Stone. Il thriller erotico per eccellenza, che riprese molti tropi narrativi del genere, portandoli all’estremo. Nella sintesi di Barber, «fare un thriller erotico dopo Basic Instinct era come fare una saga spaziale dopo che era uscito Star Wars: poteva anche andare bene ai botteghini, ma al massimo poteva essere una pallida imitazione». Seguirono, per l’appunto, pallide imitazioni, versioni sempre più esagerate e qualche parodia, secondo Barber l’unica via possibile: «Come potevano le citazioni a Hitchcock essere più sfacciate, il sesso più ardente, la violenza più macabra, la trama più bizantina o la femme fatale più bionda, bellissima e diabolica?».
Dopo Basic Instinct arrivarono Proposta indecente, Rivelazioni, L’ultima seduzione, Il colore della notte e altri film che man mano andarono sempre un po’ meno bene, e poi male. Se nel 1992 c’era stato l’apice del thriller erotico, la data che sancì davvero il suo declino può essere individuata nel 2002: l’anno in cui uscirono, deludendo molto, Killing Me Softly – Uccidimi dolcemente, Femme Fatale di De Palma e Unfaithful – L’amore infedele, diretto da Adrian Lyne, regista – oltre che di Flashdance, Lolita e 9 settimane e ½ – di Attrazione fatale e Proposta indecente.
Secondo Vulture, più che Basic Instinct la causa del declino va trovata nel fatto che i thriller erotici «avevano perso la loro abilità di generare polemiche per i loro contenuti sessuali e al contempo permeare la cultura popolare», anche oltre i loro spettatori. Così come era presumibile sapere cosa fosse una Jedi, era ed è presumibile sapere cosa fa Sharon Stone in una certa citatissima scena di Basic Instinct.
Per The Ringer, il disfacimento fu causato soprattutto dal cambiamento dell’industria cinematografica, che tra un Jurassic Park e un Signore degli Anelli, tra un Matrix e un Harry Potter, si era accorto che conveniva puntare sui filmoni più che sui thriller erotici. «L’inizio della fine fu quando, in Delitto perfetto, Michael Douglas passò tutto il film senza mai togliersi i pantaloni». Ma è significativo anche il fatto che nel 2006 Basic Instinct 2 passò inosservato e fu prontamente dimenticato.
È probabile che i thriller erotici uscirono di scena per ragioni simili a quelle per cui, da una ventina d’anni a questa parte, nel cinema sembra esserci sempre meno sesso. Tra le altre, un presunto «nuovo puritanesimo» di Hollywood (che fa sì che in Cinquanta sfumature di e in Sex and the City non si veda nemmeno un pene), la sempre maggiore disponibilità di pornografia e l’aumento della presenza del sesso nella serialità televisiva dagli anni Novanta in poi, prima su canali via cavo e satellitari e poi sulle piattaforme di streaming.
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Chi preferisce cercare ragioni più profonde, sostiene invece che gli anni del successo dei thriller erotici coincisero a grandi linee con quelli in cui l’AIDS fece più paura, e che in questo senso furono quindi una sorta di reazione e rielaborazione di quella paura associata al sesso.
Seppur sottotraccia e lontano dagli occhi di molti, i thriller erotici sono comunque sopravvissuti, anche al cinema: nel 2009 uscì Obsessed – Passione fatale, con Beyoncé protagonista, e nel 2014 fu associato al sottogenere L’amore bugiardo – Gone Girl.
Fuori dai cinema, i thriller erotici continuarono a esistere grazie al noleggio e a internet. Ma con budget sempre più risicati e con cast sempre meno importanti. «Ogni tanto qualcuno fa uno di quei film», ha detto a Vulture un produttore intervistato per l’articolo “Hollywood non sa che farsene del thriller erotico”, «e questo indica che forse stanno tastando il terreno per provare a rilanciare il genere o certi suoi aspetti, ma mi sembra che in generale non stia andando bene».
Non a caso, un film come Acque profonde – costato circa 50 milioni di euro, con due attori di livello come Ben Affleck e Ana de Armas e diretto, vent’anni dopo Unfaithful, da Adrian Lyne – era stato pensato per i cinema e invece è finito in streaming, senza che se ne sia parlato granché: «Né erotico né thrilling (avvincente)», secondo la concisa recensione del New York Times.
Alcuni thriller erotici sono comunque in produzione, spesso per lo streaming e in più di un caso in versione seriale, per replicare gli ottimi risultati avuti, per citare qualcosa di vicino al thriller erotico, dalla miniserie The Undoing o dalla serie Netflix You. Si sta cercando di cambiare prospettiva e punto di vista, ribaltare i canoni e gli stereotipi di genere e di questo specifico sottogenere cinematografico, fare contenuti più al passo con le nuove sensibilità di questi anni.
Un produttore esecutivo di un servizio di streaming ha parlato a Vulture di «sforzi per cercare progetti che fossero nostalgici ma anche moderni» e del problema legato al fatto che «ben pochi contenuti riuscivano a fare entrambe le cose». Non è facile, così come non è facile fare film in cui non sembri che, come nel porno, la trama sia solo un pretesto per il sesso.
Qualcosa si sta muovendo – è per esempio in lavorazione un reboot in forma seriale di Attrazione fatale, che non sia «raccontato primariamente dalla prospettiva maschile» – ed è quindi sbagliato dare per spacciati i thriller erotici. Ma anche presto per parlare del loro ritorno come di una cosa fatta, tra l’altro perché non è detto che un film o una serie più moderni debbano per forza di cose piacere agli spettatori.
Contenuti più maturi e attenti a certi temi di quanto non lo fosse Basic Instinct rischiano di essere percepiti come insipidi. Contenuti un po’ più spinti rischiano invece di rivelarsi inadatti a soddisfare gusti ed esigenze dei cosiddetti “quattro quadranti”, cioè i quattro macro-pubblici creati dalle linee che dividono spettatori maschi e spettatrici femmine, sopra e sotto i 25 anni.
C’è comunque chi pensa che, prima o dopo, così come molte cose degli anni Novanta, anche i thriller erotici possano tornare di moda, seppur modificati ed evoluti, e che quello che manca è solo il contenuto giusto per rilanciare il sottogenere. Uno dei prossimi film a provare a testare il terreno è Don’t Worry Darling, diretto da Olivia Wilde, ambientato negli anni Cinquanta, con protagonisti Harry Styles e Florence Pugh.