Flotta del Mar Nero colpita e affondata. Sbriciolati a migliaia anche tank e blindati
7 Maggio 2022 – 06:00
Navi da trasporto, motovedette e fregate: la resistenza ucraina mette in ginocchio l’Armata rossa. E sul terreno non va meglio
Al momento la Admiral Makarov, una fregata missilistica da 3620 tonnellate è un po’ come il famoso gatto dell’esperimento mentale del fisico Erwin Schrödinger, il padre della quantistica. Per gli ucraini è in fiamme ed è stata sicuramente colpita da un missile Neptun, i russi invece dicono di non saperne nulla. Il silenzio russo è comprensibile, ha accompagnato, almeno all’inizio, l’affondamento della loro ammiraglia, l’incrociatore Moskva da 9.300 tonnellate. E se la Makarov, nell’eventualità sia stata colpita, riuscirà comunque a galleggiare, faranno di tutto per nascondere la situazione. Ma quello che sicuramente è capitato al Moskva e probabilmente alla Admiral Makarov è soltanto la punta dell’iceberg del flop navale russo, contro una nazione che in quest’ambito non aveva, sulla carta, grosse probabilità di riuscire a contrastare il Cremlino. È stata distrutta la nave trasporto Saratov, vecchiotta, ma fondamentale per spostare truppe e materiali. E altri due vascelli dello stesso tipo sono stati danneggiati. Anche due motovedette «raptor», unità molto più piccole ma moderne, sono state polverizzate dai droni Bayraktar.
Insomma la flotta del Mar Nero, fondamentale nella sua attività di controllo delle coste e di bombardamento missilistico, al momento sembra aver fallito in pieno il suo scopo. Se, ma a questo punto parrebbe più probabile il quando, verrà confermato il grave danneggiamento della Admiral Makarov, la situazione potrebbe assumere la forma di un vero e proprio disastro. Perché se la più imponente Moskva era comunque una nave entrata in servizio nel 1983, la Makarov è invece una modernissima unità entrata in servizio solo nel 2017 ed è l’unità più recente della sua classe (Project 11356R/M). È dotata dei migliori sistemi russi di contromisure elettroniche e di difesa antiaerea e antimissile. Se gli R-360 Neptun hanno perforato la sua difesa significa che nessuna unità del Cremlino può operare in sicurezza nel bombardamento del territorio ucraino (si ritiene che la Admiral Makarov abbia colpito coi suoi missili Odessa). E il danno non sarebbe solo militare, questo tipo di nave è per Mosca un prodotto da esportazione (a partire dall’India) e sarebbe una brutta pubblicità per oggetti che costano centinaia di milioni di euro.
Non è solo sul mare però che le forze russe continuano a mostrare di essere in grossa difficoltà. Secondo gli analisti occidentali, più prudenti di quelli ucraini, i russi avrebbero perso 1500 mezzi tra carri armati e blindati. Per sostituirli arriverebbero al fronte tank ereditati, a migliaia, dall’Unione Sovietica e parcheggiati da anni in depositi all’aperto in Siberia, con il solo grasso a protezione. L’operatività di questi veicoli sarebbe molto bassa. Gli ucraini hanno dimostrato, qualche giorno fa, di essere riusciti a distruggere anche moderni carri T-90 M Proryv 3 (ultimo retrofit nel 2017). Ma il vero problema delle forze russe è che lo standard con cui vengono inviate al fronte non è certo il T-90. Aumenta il numero di vecchi T-72B non rimodernati che vengono distrutti, perché non vengono più mandati al fronte modelli nuovi. Il logorio sarebbe ancora peggiore per quanto riguarda la componente umana delle forze di punta del Cremlino. Uno stillicidio di ufficiali superiori difficili da sostituire, gli ucraini hanno una capacità di colpire i posti comando stupefacente e chiaramente collegata anche alle informazioni fornite dall’intelligence occidentale, si somma a una perdita di operatività diffusa nei reparti. Secondo gli analisti, quelli britannici in prima fila, i 120 gruppi tattici schierati sin qui erano tutti quelli impiegabili da Mosca, con militari volontari o, se di leva, con almeno sei mesi di addestramento. Far ricorso a personale di leva scarsamente addestrato non porterebbe particolari vantaggi. A favore di Mosca al momento solo un fattore: la catena logistica delle forze russe, ora impegnate sul fronte del Donbass, si è ridotta. Gli ucraini non riescono più a colpire i rifornimenti, non ci sono più lunghe colonne di autocarri esposti alle imboscate durante la prima fase. Ma i soldati di Kiev dispongono di nuove armi: non più solo i Javelin, ma anche obici con portata di 30 chilometri. Il risultato è una guerra d’attrito di cui nessuno può calcolare la durata. Questo al netto dei bombardieri strategici Tu-160 che Putin farà volare sopra la Piazza Rossa e San Basilio il 9 maggio, una dimostrazione di muscoli atomici anni ’80 che non cambiano ciò che accade e accadrà sul campo.