Ex Ilva, M5s-Pd-Leu votano contro il governo sui soldi dirottati dalle bonifiche. Iv si astiene. Salvini: “Scorretti, Draghi deve intervenire”
Una nuova spaccatura, plastica. Questa volta sull’Ilva di Taranto. M5s, Partito Democratico da una parte, Lega e Forza Italia dall’altra e Italia Viva (come Fratelli d’Italia) nel mezzo. La maggioranza si divide su un emendamento al decreto Ucraina bis proposto dal Movimento Cinque Stelle, al quale il governo aveva dato parere contrario. La contesa sono i soldi destinati alle bonifiche che il provvedimento sposta all’attività produttiva di Acciaierie d’Italia. Un tesoretto di circa 150 milioni di euro che verrebbe dirottato per permettere al siderurgico di restare in vita puntando sulla decarbonizzazione. Con un emendamento a prima firma Mario Turco, senatore e vicepresidente del M5s, presentato in commissione Industria e Finanze di Palazzo Madama, i Cinque Stelle hanno provato a ‘correggere’ la decisione del governo.
Ma la proposta è stata respinta di un soffio, certificando la diversità di vedute all’interno della maggioranza: 14 favorevoli e 14 contrari, più le tre astensioni. Per evitare lo spostamento dei fondi hanno votato anche Partito Democratico e Leu, mentre si sono opposti Lega e Forza Italia. Italia Viva ha deciso di astenersi, come Fratelli d’Italia. La posizione tutt’altro che compatta della maggioranza è stata cavalcata da Matteo Salvini, pronto a sottolineare la posizione di dem e pentastellati: “Male, a proposito di quelli che non fanno lavorare Draghi. Errare è umano, perseverare è diabolico. È la seconda volta che votano contro le misure per l’ex Ilva. Non adesso, ma mi aspetto da Draghi che prenda posizione al rientro dagli Usa perché poi arriva in Aula. Sono stati estremamente scorretti”. Il riferimento di Salvini è allo scorso gennaio, quando il governo con un articolo del Milleproroghe aveva provato a spostare ben 575 milioni, prima che tutti i partiti politici – a eccezione proprio della Lega – presentassero emendamenti per neutralizzare lo “scippo” dei fondi, derivanti dai sequestri alla famiglia Riva.
Per il senatore e vicepresidente del M5s, Turco, si tratta “dell’ennesimo schiaffo alla città di Taranto”. L’acciaieria, ha detto l’ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio durante il governo Conte, “può avere un futuro produttivo soltanto se si chiudono le fonti inquinanti e viene resa eco-sostenibile e se si introduce un sistema di valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario, come la Viias (Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario)”. E ha attaccato il ministero dello Sviluppo Economico e chi, dentro la maggioranza, ha bocciato l’emendamento: “Constatiamo che il ministro Giorgetti, che aveva dato parere negativo all’emendamento abrogativo della proposta governativa, così come le altre forze di centrodestra, vogliono insistere con gli errori macroscopici fatti nell’ultimo decennio, senza dare alcuna prospettiva di soluzione”.
Ad avviso di Turco, la transizione ecologica “con questa maggioranza” sta “diventando un’impresa improba”, ha sottolineato ricordando il sì all’inceneritore a Roma, oltre agli “ammiccamenti” al nucleare e al carbone per rispondere alla dipendenza dal gas russo. Un disegno nel quale si inserisce anche lo spostamento dei 150 milioni che rientrano in un pacchetto di 173 milioni destinati alle bonifiche e ancora non allocati. Tra gli obiettivi, come spiegato da Draghi, c’è quello di aumentare di quasi un milione le tonnellate di acciaio prodotte, arrivando a 5,5 milioni nel 2022. Un obiettivo raggiungibile – mentre le bonifiche realmente effettuate sono ferme al 5% – solo con il ritorno in esercizio dell’Altoforno 4 e della seconda acciaieria, ferma per lavori di ammodernamento.
Il senatore di Iv, Mauro Marino, che ha partecipato alla riunione notturna, ha spiegato la sua astensione come una “valutazione” legata al parere del governo: “Aveva espresso parere contrario, poi quando ho visto che il M5s ha chiesto comunque di votarlo ho pensato che fosse per sostenere una sua bandiera e mi sono stupito che il Pd che prima aveva una posizione, poi l’avesse cambiata votando a favore”. Per Andrea de Bertoldi di FdI l’astensione è stata scelta anche per “dimostrare plasticamente le spaccature che ci sono nella maggioranza su temi fondamentali”. Non solo: “Abbiamo ritenuto che servisse più chiarezza su un progetto che destina maggiori risorse all’investimento produttivo e quindi, senza dividerci col resto del centrodestra, ci siamo astenuti”.
Twitter: @andtundo
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