Edilizia, manca manodopera, in fuga 600mila addetti
ServizioReport Eurispes
Scarseggiano operai e artigiani, e negli ultimi mesi il personale è di difficile reperimento. Scarseggia il personale specializzato, soprattutto nel mantenimento di strutture edili
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L’edilizia è passata dalla mancanza di lavoro alla mancanza di manodopera. È quanto mette in evidenza l’“Indagine sulle infrastrutture ed il comparto edilizio in Italia” dell’Eurispes presentata martedì 17 maggio dal presidente Gian Maria Fara. «Abbiamo assistito alla fuga di almeno 600.000 addetti», ha ricordato Fara. Mancanza di manodopera, aumento dei costi delle materie prime, rischiano di frenare la crescita. Scarseggiano operai e artigiani, e negli ultimi mesi il personale è di difficile reperimento. Scarseggia il personale specializzato, soprattutto nel mantenimento di strutture edili.
L’esplosione del nanismo imprenditoriale
Il nanismo imprenditoriale che caratterizza il mondo produttivo italiano, sottolinea l’indagine, rappresenta ancora oggi un freno. Oltre 4.400.000 aziende operative nel sistema “industria e servizi” che occupano circa 17.300.000 lavoratori. «Ministeri, Comuni, Province e Città metropolitane – osserva Eurispes – lavorano prevalentemente con il sistema delle piccole imprese regionali, a cui corrisponde oltre il 50% dell’importo aggiudicato da questi Enti, a conferma del fatto che i sistemi locali salvaguardano le piccole imprese almeno rispetto alle piccole opere, le manutenzioni stradali, la piccola edilizia, ecc. Invece, la quasi totalità della spesa dei lavori effettuata da Rete Ferroviaria Italiana, Grandi Stazioni, Enel, Anas, Poste è acquisita dalle medio-grandi imprese, e solo in sporadici casi il sistema delle piccole e medie imprese riesce a lavorare per gruppi quali Acea, Italgas, Adr o altre grandi utilities».
La partita sui bandi Pnrr
Il Pnrr rappresenta per l’intero comparto edile un’opportunità storica di ripartenza e rilancio. Su un totale di 222 miliardi di euro ben 108 riguardano edilizia e costruzioni, per grandi infrastrutture, opere di manutenzione e messa in sicurezza di città e territori. «Se si prende come riferimento una soglia di lavori compresa tra i 2 e i 20 milioni di euro – si legge nel documento -, scopriamo che il numero di imprese potenzialmente in grado di partecipare a tali gare si attesta su un valore pari a circa 9.000 unità; oltre i 20 milioni di euro le imprese non superano le 530 unità. D’altra parte, non si può sottovalutare il costante, forte ridimensionamento del tessuto produttivo; la scomparsa dal mercato di decine di migliaia di imprese di costruzioni (tra il 2008 e il 2016 oltre 120mila) soprattutto nelle aziende più strutturate, con conseguente perdita di competenze tecniche ed esperienze; la perdita di imprese di dimensioni medie o grandi (la media di addetti per impresa è scesa a 2,6, era 3 nel 2008), e di imprese che si occupano di costruzioni di edifici (la quota di mercato è scesa al 23%)».
I tempi della burocrazia
C’è poi un grande ostacolo. Si chiama “burocrazia”. «Uno degli ostacoli maggiori alla partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici in Italia è rappresentato, come noto, dall’inefficienza della PA – sottolinea ancora l’indagine – e in particolare da un sistema iper-regolamentato e spesso farraginoso che impedisce l’attuazione degli investimenti pubblici in tempi accettabili e che finisce per rappresentare un vero e proprio ostacolo alla crescita economica. Infatti (come rilevato da una recente indagine di Unindustria Roma e Lazio sul sistema degli appalti per le MPMI), il tempo che passa tra la decisione di avviare un progetto di intervento (che coincide con la richiesta del CUP) e l’avvio della progettazione richiede in Italia, in media, 254 giorni. Ciò significa che, una volta che si è deciso di attivare un nuovo progetto e se ne è individuata la copertura finanziaria (elemento necessario per il rilascio del codice CUP), il progetto resta in stand-by per 8-9 mesi.Una volta partiti con la progettazione degli interventi, occorre attendere più di 1 anno (372 giorni) per avere il progetto definitivo».