Dall’agenda Draghi all’accozzaglia stile Unione. L’imbarazzo delle ministre Gelmini e Carfagna
3 Agosto 2022 – 06:00
A vuoto il pressing per fare un polo di centro. Ora stampelle della sinistra
Partiti per una nuova avventura nel segno dell’«Agenda Draghi» si ritrovano a fare i conti con una novella Unione, la coalizione guidata da Romano Prodi che nel 2006 si presentò alle urne con l’appoggio di nove partiti, diventati undici in corso d’opera. C’è un misto di imbarazzo e di realismo tra i parlamentari di Forza Italia usciti dal centrodestra per approdare sui lidi di Azione di Carlo Calenda. Nei giorni scorsi Mariastella Gelmini e Mara Carfagna avevano provato a suggerire il no all’alleanza col Pd. Le due ministre – nel corso di una lunga riunione con i dirigenti di Azione – avevano fatto presente al loro nuovo leader che solo non alleandosi con i dem avrebbero potuto «prendere i voti del centrodestra e quelli degli astenuti». Una navigazione solitaria resa però impossibile dalla ferma volontà di Emma Bonino di stringere un accordo con il centrosinistra. Una volontà resa più stringente dal fatto che la storica esponente radicale detiene il simbolo che consente ad Azione di evitare l’incombenza della raccolta delle firme.
Se Gelmini e Carfagna evitano di dichiarare, Andrea Cangini spiega così la posizione degli ex azzurri. «È stata una necessità imposta dalla legge elettorale, in alternativa avremmo dovuto rinunciare ad avviare la costruzione di quel polo liberale e realista di cui l’Italia ha quanto mai bisogno. Su economia ed energia, passano le nostre proposte: impegno a non aumentare le tasse, taglio del cuneo fiscale, revisione del reddito di cittadinanza, rigassificatori e un saldo ancoraggio all’Europa e alla Nato. Nessun rapporto con i Di Maio, i Fratoianni, i Bonelli. Nessun voto dato ad Azione servirà ad eleggere chi non ha avuto fiducia in Mario Draghi, che resta la nostra stella polare. È un inizio, un buon inizio».
È chiaro che Forza Italia, di fronte all’approdo di Azione nel centrosinistra, oltre a tirare un sospiro di sollievo, ha gioco facile nel lanciare le proprie stoccate. Giorgio Mulè saluta «l’Armata Lettaleone». «Sta nascendo una grande accozzaglia di partiti e partitini, di transfughi alla maniera di Carfagna & Gelmini che dopo aver combattuto la sinistra oggi ne diventano le damigelle nel nome di una poltrona: tutti uniti solo dall’odio verso il centrodestra e senza un programma» attacca. Alessandro Cattaneo si affida all’ironia e fa gli auguri alle ex ministre «per una fantastica campagna elettorale al fianco di Fratoianni, Bersani e Letta al grido di viva le tasse. L’accordo tra il Pd e Azione non è una novità, era già tutto pronto da mesi. È il peggior trasformismo della peggior politica della peggior sinistra di sempre». Di «doppio salto politicamente immorale e mortale con avvitamento» parla Licia Ronzulli che se la prende con chi «ha lasciato il centrodestra per fare da stampella a un’accozzaglia di sinistra. Hanno barattato i valori e interessi dei cittadini in cambio di una manciata di poltrone». E se Deborah Bergamini invita le ex colleghe a «fare un passo indietro invece di appoggiare la sinistra», Gianluca Comazzi, capogruppo in Lombardia, parla di «tristezza nel vedere chi ha trascorso una vita nel centrodestra fare da stampella a Fratoianni». La chiosa finale è di Giuseppe Moles.«Abbiamo Calenda, Fratoianni, Tabacci e Di Maio, Carfagna e Gelmini, Bonelli e Speranza, altro che nessun baratto delle coscienze, sono tripli salti mortali, è il peggior trasformismo».