Covid, cala copertura terza dose: aumentano i decessi tra gli over 70
L’andamento della pandemia
Secondo la Fondazione Gimbe, tra le concause dell’elevato numero di decessi negli anziani c’è anche un sottoutilizzo dei farmaci antivirali
2′ di lettura
Negli over 70 si evidenzia «un declino della copertura del booster e un sottoutilizzo dei farmaci antivirali, possibili determinanti dell’elevato numero di decessi negli anziani». A evidenziarlo è il report della Fondazione Gimbe, con il monitoraggio della settimana 30 marzo-5 aprile. «Guardando ai numeri assoluti, tra le persone vaccinate con ciclo completo più booster che hanno avuto una diagnosi di Covid-19 – nel periodo 4 febbraio-6 marzo 2022 – si sono registrati 1.688 decessi (44,4% del totale), di cui 369 nella fascia 70-79 e 1.272 tra gli over 80 – evidenzia il report – Tenendo conto che al 19 febbraio circa 600 mila over 80 avevano ricevuto il booster da oltre 120 giorni è verosimile che un’ulteriore determinante dell’elevato numero di decessi sia rappresentata dal progressivo declino dell’efficacia vaccinale sulla malattia grave anche nelle persone che hanno fatto il richiamo».
A fine maggio 8,8 mln over 70 con booster da oltre 120 giorni
«In attesa che le autorità regolatorie si pronuncino sull’estensione della quarta dose – conclude il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta – dal punto di vista organizzativo bisogna iniziare a considerare che, al 31 maggio, gli over 70 che avranno ricevuto il booster da oltre 120 giorni saranno 8,8 milioni, di cui 3,8 milioni di ultraottantenni e quasi 5 milioni nella fascia 70-79 anni».
Farmaci antivirali sottoutilizzati
Non solo. Oltre al declino della copertura data del booster, un’ulteriore causa di ospedalizzazioni e decessi può essere identificata, seccondo Gimbe, nel sottoutilizzo dei farmaci antivirali. Infatti, come riportato dal Report Aifa Monitoraggio Antivirali per COVID-19 del 25 marzo 2022, dei trattamenti antivirali disponibili per pazienti non ospedalizzati sono state avviate 4.052 terapie con Paxlovid (in 42 giorni), 12.149 con Molnupiravir (in 83 giorni) e 5.100 con Remdesivir (in 83 giorni). Numeri troppo esigui, rispetto alle indicazioni di questi farmaci, raccomandati per tutti «gli adulti non ospedalizzati per Covid-19 e non in ossigeno-terapia per Covid-19 con insorgenza di sintomi da non oltre 7 giorni e in presenza di condizioni cliniche predisponenti che rappresentino dei fattori di rischio per lo sviluppo di Covid-19 grave».
Rischio scorte inutilizzate
«Il sottoutilizzo di questi farmaci – sottolinea Cartabellotta – è da imputare alla mancata abilitazione dei medici di famiglia alla loro prescrizione, oltre che all’erogazione esclusiva nelle farmacie ospedaliere e non in quelle territoriali. Considerato che l’accordo 2022 per la fornitura di Paxlovid ammonta a 600 mila trattamenti completi (per un totale di 400 milioni di euro), in assenza di un adeguato modello organizzativo in grado di garantire la necessaria tempestività della prescrizione, si rischia concretamente che le scorte rimangano inutilizzate come già accaduto per gli anticorpi monoclonali».