Caso Petrobras, prosciolti tutti gli imputati. Il tribunale di Milano: “L’azione penale non doveva nemmeno iniziare”

L’azione penale non doveva nemmeno essere iniziata per difetto di giurisdizione. È questa la sentenza con cui il Tribunale di Milano ha prosciolto gli amministratori e soci di riferimento di San Faustin, holding di Techint, i fratelli Gianfelice e Paolo Rocca e Roberto Bonatti che erano imputati per corruzione internazionale per un caso con al centro una presunta tangente di quasi 6,6 milioni di euro versata, secondo l’accusa, tra il 2009 e il 2013 a un dirigente della società pubblica brasiliana Petrobras in cambio di contratti di fornitura di tubi per un valore di 1,4 miliardi di euro. Ugualmente prosciolta per la San Faustin.

I giudici della VII penale hanno pronunciato sentenza di “non doversi procedere” per tutti gli imputati perché “l’azione penale” non poteva nemmeno essere iniziata “per difetto di giurisdizione” e, in sostanza, certamente a loro carico non si poteva nemmeno istruire un procedimento in Italia. Nessuna prova dell’accordo corruttivo ipotizzato e quindi “il fatto non sussiste”, avevano sostenuto i legali nelle arringhe. E comunque i fatti, qualora si fossero eventualmente verificati, avevano fatto presente ancora le difese, non ricadono sotto la giurisdizione italiana, ma semmai sotto quella brasiliana. Tesi questa accolta oggi dai giudici.

Per Gianfelice e Paolo Rocca e per Roberto Bonatti il pm Donata Costa (ora alla Procura europea) aveva chiesto una condanna a 4 anni e 6 mesi e per la stessa società San Faustin una sanzione amministrativa di 1 milione e 239mila euro, oltre che una confisca da oltre 6 milioni di euro. “Con soddisfazione – fa sapere San Faustin in una nota – accogliamo la sentenza di assoluzione pronunciata quest’oggi nei confronti di Roberto Bonatti, Gianfelice Rocca, Paolo Rocca e della società San Faustin riguardo a episodi di presunta corruzione, negli anni 2009-2013, che riguarderebbe la società brasiliana Confab e alcuni funzionari di Petrobrás”. Sin dall’inizio dell’indagine, si legge ancora, “avevamo affermato l’assoluta correttezza dei comportamenti della Società e l’estraneità ai fatti contestati dei membri del board e la mancanza di giurisdizione. Al termine del dibattimento, il Tribunale ce ne ha dato atto”.

Con il proscioglimento di oggi per il caso Petrobras degli amministratori e soci di riferimento di San Faustin, holding di Techint, i fratelli Gianfelice e Paolo Rocca e Roberto Bonatti e della stessa società, deciso dal Tribunale di Milano, non ha retto ancora una volta un’accusa di corruzione internazionale contestata dalla Procura milanese. In particolare, i giudici hanno stabilito oggi con la sentenza che il processo, andato avanti per circa due anni e scaturito dall’inchiesta del terzo dipartimento ‘affari internazionali’, non avrebbe nemmeno dovuto cominciare per “difetto di giurisdizione”, ossia non si poteva fare in Italia ma semmai all’estero. Il pm Donata Costa nella requisitoria, replicando al difetto di giurisdizione sollevato già dalle difese, aveva sostenuto che la sede di San Faustin sarebbe stata a Milano “per le decisioni” e a Lugano “per la tenuta dei documenti”. I consigli di amministrazione, spiegava ancora la Procura, si tenevano negli uffici in Lussemburgo raggiunto dai consiglieri con trasferte in giornata ed era “provato”, secondo il pm, “che la direzione strategica fosse in Italia”. Le difese, dal canto loro, oltre ad aver rilevato l’assenza di prove della corruzione e messo in luce il difetto di giurisdizione, avevano evidenziato che l’ente pubblico brasiliano Petrobras non avanzò mai alcuna pretesa nei confronti di San Faustin e che gli imputati non erano mai stati indagati dall’autorità giudiziaria brasiliana

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