Carlo Maria Martini, dieci anni dopo: ripartire (sempre) dai poveri
di don Virginio Colmegna
L’attualità del pensiero del cardinale Carlo Maria Martini a dieci anni dalla scomparsa, qui ricordata attraverso il suo discorso sui poveri: «La povertà non è essere senza denari ma piuttosto essere senza potere, senza ascolto, senza confidenza»
Carlo Maria Martini appariva austero, ma chi, come me, l’ha conosciuto e ha collaborato con lui da vicino, sa bene quanto fosse un uomo capace di appassionarsi. Come quando parlava di ospitalità, di carità, di povertà. Sui poveri, per esempio, ho sentito da lui una definizione sempre attuale: «Poveri siamo un po’ tutti, perché la povertà è soprattutto non contare niente. Non è tanto essere senza denari, ma piuttosto essere senza potere, senza ascolto, senza confidenza». Ecco perché aggiungeva: «Ciascuno deve tirar fuori con coraggio la sua povertà e saper guardare agli altri a partire da questo punto di osservazione».
Sono parole che mi hanno accompagnato nell’ormai ventennale cammino della Casa della Carità. Mi hanno consolato di fronte alle difficoltà, consapevole di quella fatica dell’ospitalità che Martini aveva sinterizzato nelle due radici semantiche della parola stessa: hospes, come amicizia e hostis come inimicizia, cioè come fatica.
Oggi più che mai, in una realtà sempre più interconnessa, ma che troppo spesso lascia indietro i più deboli considerandoli «uno scarto», come ha scritto Papa Francesco, mi pare decisivo essere capaci di ripartire dai poveri, dai più fragili, estraendo ricchezza culturale dalle diversità. Come? Diceva sempre Martini: «Facciamo in modo che si moltiplichino i piccoli luoghi di conoscenza, condivisione, ascolto e a un certo punto, da questi tanti piccoli luoghi, nascerà una città».
*Presidente Casa della Carità
5 settembre 2022 (modifica il 6 settembre 2022 | 01:17)
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