Boris Johnson si dimette da leader Tory: «Ma resto fino a quando non sarà eletto il mio successore»
di Luigi Ippolito
Il premier britannico lascia dopo l’ondata di dimissioni nel governo: «Non avrei voluto farlo.I conservatori vogliono un nuovo premier e un nuovo leader». Vola la sterlina
LONDRA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE – Boris Johnson si dimette, ma a metà. Il primo ministro britannico ha annunciato che si piega alle pressioni del suo partito e lascia l’incarico di leader dei conservatori e dunque di premier: ma intende restare alla guida del governo fino all’insediamento del suo successore, che si prevede non avverrà prima dell’autunno. Una decisione supportata dalla mossa di nominare, questa mattina, una raffica di nuovi ministri in sostituzione di quelli che si sono dimessi negli ultimi due giorni.
Johnson accetta di uscire di scena, dunque, ma vuole farlo alle sue condizioni: eppure è molto difficile che gli sarà consentito. Perché nelle ore precedenti il suo annuncio una schiera di conservatori si sono affannati a ripetere che l’idea di Boris, di restare ad interim a Downing Street, non è sostenibile e che invece lui deve far subito posto a un premier provvisorio – magari il vice Dominic Raab – che faccia da soluzione-ponte fino alla nomina di un nuovo leader. Questo pomeriggio, il nuovo governo a termine si è riunito per la prima volta nella residenza del premier.
«Sono triste a dover lasciare il lavoro più bello del mondo», ha detto Boris nel suo breve discorso sulla soglia del numero 10 di Downing Street: e ha rivendicato i propri meriti, dal completamento della Brexit alla realizzazione del più rapido programma di vaccinazione in Europa al ruolo di leadership nel sostegno all’Ucraina. Ha definito «eccentrica» la decisione di cambiare premier in questo momento e ha ricordato di aver ottenuto la più grande maggioranza dai tempi della Thatcher: ma ha dovuto piegarsi a quello che ha definito «l’istinto di gregge» del gruppo parlamentare conservatore. Le dimissioni annunciate da Johnson non fugano dunque l’incertezza: perché ora si apre il braccio di ferro sulla durata della sua ulteriore permanenza alla testa del governo. Ma ormai Boris era rimasto solo, asserragliato a Downing Street, con i membri del suo esecutivo che continuavano, anche stamattina, a dimettersi in massa. Il colpo di grazia lo ha inferto Nadhim Zahawi, che lui solo due giorni fa aveva nominato Cancelliere dello Scacchiere al posto del dimissionario Rishi Sunak: «Primo ministro – ha scritto Zahawi- tu sai nel tuo cuore quel è la cosa giusta da fare: vai via adesso. Il Paese merita un governo che è non solo stabile, ma che agisce con integrità».
Poco dopo, è arrivato l’annuncio da Downing Street che Johnson avrebbe gettato la spugna. E i mercati hanno subito festeggiato: la sterlina ha iniziato a risalire, così come l’indice di Borsa. Ma per la Gran Bretagna, impegnata ora nella ricerca di un successore, si prospettano mesi difficili, nel momento in cui la crisi economica morde nel portafoglio della gente e il disagio sociale si estende a macchia d’olio (per non parlare della situazione internazionale, con la guerra in Ucraina). Johnson se ne va così, travolto dalla sua inettitudine prima ancora che da errori politici. A far precipitare la situazione è stato l’ultimo imbroglio nel quale il primo ministro si è trovato impegolato, ossia lo scandalo sessuale che ha investito il vice-capogruppo dei conservatori, Chris Pincher, reo di palpeggiamenti e avances sgradite verso numerosi giovani colleghi e assistenti maschi. È emerso che il premier era stato al corrente per anni di questi comportamenti, circostanza in primo momento negata: insomma, come nel caso del «Partygate», le feste a Downing Street durante il lockdown, e di altre svariate circostanze, Boris ha dimostrato ancora una volta disprezzo totale per le regole e la verità, mentre i suoi ministri venivano spediti davanti alle telecamere a difendere l’indifendibile.
L’autorità del premier era stata già gravemente compromessa un mese fa, quando era sopravvissuto a un voto di sfiducia ma aveva visto più del 40 per cento del gruppo parlamentare votargli contro. E in seguito la doppia sconfitta elettorale in due importanti suppletive aveva dimostrato che il suo tocco magico era svanito: per la maggioranza dell’opinione pubblica, disgustata dagli scandali, doveva dimettersi. Oggi gli stessi conservatori hanno finalmente staccato la spina. Come ha scritto un commentatore del Times, «possiamo essere di nuovo un Paese serio».
7 luglio 2022 (modifica il 7 luglio 2022 | 18:08)
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