Bill Russell è morto: vinse 11 titoli Nba. Leggenda dei Boston Celtics, lottava per i diritti civili

di Flavio Vanetti

Russell, centro dei Celtics, ha vinto 11 anelli Nba di cui 8 consecutivi. È nella Hall of fame sia come giocatore, sia come allenatore, primo di colore nella storia

Con la scomparsa di Bill Russell – spentosi «pacificamente all’età di 88 anni a fianco di sua moglie Jeannine», così ha annunciato la famiglia – il basket perde uno dei più grandi giocatori di sempre e un altro pezzo di quella Nba che aveva un tocco di misterioso perché ancora non esistevano i mezzi di comunicazione con cui oggi la si segue. Si era nel cuore degli anni 50 quando fiorì la leggenda di un uomo che avrebbe marchiato, in 13 anni di carriera, le imprese dei Boston Celtics della cosiddetta «Era della Dinastia», capace di vincere sia come giocatore sia come giocatore-allenatore (mai un afro-americano aveva guidato una squadra in un campionato Usa), prima di trasferire il suo mito agli anni 70 (4 stagioni sulla panchina dei Seattle Supersonics) e agli anni 80 (58 partite, nell’annata 1987-1988, come coach dei Sacramento Kings).

La storia di William Felton Russell, centro di 2 metri e 8 centimetri, nato in Louisiana ma cresciuto a Oakland in California, è incastonata da cifre record e prende le mosse da due circostanze particolari. La prima è che pur di vincere con la Nazionale Usa ai Giochi del 1956 ritardò il passaggio al professionismo: all’epoca il Cio accettava solo i dilettanti. Scelta giusta: l’oro olimpico fu conquistato in carrozza e nel frattempo Russell aveva fatto suo un secondo titolo Ncaa con l’Università di San Francisco, formando con K.C. Jones una coppia che avrebbe spopolato a Boston. Il giovane Bill era già un fenomeno, tant’è che la Ncaa aveva allargato l’area dei 3 secondi per tenerlo il più possibile lontano da canestro.

Il secondo jolly fu il fatto che, grazie all’anno di ritardo nel passaggio ai «pro», su di lui arrivassero le attenzioni di Red Auerbach, coach di Boston. Il «Grande Rosso» ebbe l’intuizione giusta: i Rochester Royals, titolari della prima scelta, non avrebbero chiamato Russell perché già avevano un centro forte. Così Auerbach si accordò con St.Louis che disponeva della seconda chiamata: Bill fu preso dagli Hawks e ceduto ai Celtics, previa contropartita. Auerbach e Russell, i pilastri di una leggenda da 11 titoli Nba in 13 anni (8 dei quali di fila). Gli ultimi due Bill li vinse da capo-allenatore, essendo Auerbach diventato general manager.

Era la consacrazione del giocatore che alzò ad un livello superiore il concetto di difesa. Ed è su questa base che si è consumato pure il confronto con Wilt Chamberlain, il rivale (del quale era amico) con cui Warriors, Sixers e Lakers provarono a fermarlo: ma se Wilt era uno splendido solista, Bill era il perno di un sistema che puntualmente vinceva. Ed era un simbolo di fedeltà: non ebbe altra maglia se non quella dei Celtics.

Russell è stato infine uomo di valori e un paladino dei diritti civili (nel 2011 ricevette la Medaglia presidenziale della libertà). Attivista di Black Power, saltò una partita perché assieme a un compagno era stato respinto da un ristorante. Nella sua vita anche esperienze da telecronista e da scrittore, oltre al ruolo del giudice Ferguson in una puntata di Miami Vice. È il contorno prestigioso di un campione che, assieme all’hockeista Henri Richard dei Montreal Canadiens, detiene il primato di campionati vinti in una Lega nord-americana. All’orizzonte non si vede chi farà meglio.

31 luglio 2022 (modifica il 31 luglio 2022 | 22:46)

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