Ballottaggio, cosa si giocano i leader: le sfide di Meloni, Salvini, Berlusconi, Letta, Conte e Calenda

di Tommaso Labate

Al di là dei sindaci eletti, ecco le sfide di tutti i leader alle prese con la penultima prova prima delle elezioni politiche del 2023. I ballottaggi di oggi, insomma, visto con gli occhi dei «segretari».


Letta
per difendere il campo largo e per portare il Pd al primo posto,
Meloni
per scacciare l’incubo di una «Fatal Verona», Conte e Salvini per rialzare la testa, Calenda per testare il peso di Azione e Berlusconi per la prima doppietta calcio-politica della sua nuova era: al di là dei sindaci eletti, ecco le sfide di tutti i leader alle prese con la penultima prova prima delle elezioni politiche del 2023. I ballottaggi di oggi, insomma, visto con gli occhi dei «segretari».

Giorgia Meloni

Per Giorgia Meloni il voto di oggi è come una matrioska. Una matrioska in cui la sfida di Verona rappresenta la bambola più grande, quella che contiene tutte le altre. Un meccanismo che si inceppasse proprio là, trasformerebbe per la politica il capoluogo veneto in quella «Fatal Verona» nota ai tifosi di calcio come il «campo» per antonomasia dove si perdono scudetti già vinti. Il sindaco uscente Sboarina, che è di Fratelli d’Italia, ha fatto le prove generali di quello che può accadere in una coalizione animata da rancori politici: ha rifiutato la mano di Tosi (oggi in Forza Italia), innervosito l’alleato rimasto (la Lega) e si è messo nella condizione di stravincere o straperdere praticamente da solo. Il resto delle contese del secondo turno è variabile dipendente da quello che succederà a Verona. La pole position virtuale in vista delle Politiche (Sicilia permettendo, come per Letta) si decide anche per la Meloni sotto il balcone di Giulietta.

Matteo Salvini

Per le malelingue, la felicità elettorale di Matteo Salvini è inversamente proporzionale a quella di Giorgia Meloni: dov’è contento uno è triste l’altra, e viceversa. Malignità a parte, difficile immaginare che il leader della Lega rimanga silente di fronte a un’eventuale sconfitta del candidato di FdI, che ha rifiutato il sostegno dell’ex leghista Tosi. Nel testa a testa per la leadership del centrodestra, per Salvini contano tantissimo Catanzaro (Valerio Donato è in testa) e Parma (Pietro Vignali insegue), dove la Lega corre in tandem senza Meloni. Impossibile per l’ex ministro dell’Interno prescindere da Sesto San Giovanni, l’ex «Stalingrado d’Italia» in cui il sindaco leghista Roberto Di Stefano si era fermato al primo turno a un’incollatura dalla rielezione diretta. Oggi cerca nelle urne i voti che possono far smaltire alla Lega delusioni cocenti come Como, dove il centrodestra unito è rimasto fuori dal ballottaggio.

Silvio Berlusconi

L’obiettivo minimo di confermare la storica tenuta di Forza Italia alle Amministrative è stato ampiamente raggiunto al primo turno. Ai ballottaggi di oggi Silvio Berlusconi cerca le prove per dimostrare al centrodestra che il suo partito, oltre che importante, è indispensabile. Difficile immaginarlo contrito per una sconfitta di Sboarina a Verona, dove FdI e Lega si trovano nelle condizioni di cercare una rimonta senza gli azzurri. Oltre che a tutte le piazze dove il centrodestra versione large (Gorizia, Alessandria, Cuneo, Piacenza, Frosinone, Barletta) o small (Parma e Catanzaro) cerca di portare a casa una vittoria, ad Arcore seguiranno con particolare trasporto la sfida della vicina Monza, dove il forzista Allevi cerca la riconferma. Una vittoria metterebbe i bulloni sulla prima doppietta politico-calcistica della nuova era berlusconiana da proprietario di un club

di serie A. Una sconfitta brucerebbe,

e non poco.

Enrico Letta

Se il secondo turno delle Amministra-tive fosse una competizione stile «notte degli Oscar», allora Enrico Letta passerebbe l’intera giornata di oggi nell’attesa di capire se porterà a casa entrambi i premi, uno solo oppure nessuno. Perché sono due le «statuet-te» per cui concorre il segretario del Pd: la prima è quella del leader del «miglior partito», la seconda come regista della «migliore coalizione». Per portare il Pd nell’ideale pole position delle Politiche 2023, Regionali siciliane in ottobre permettendo, a Letta basta vincere in almeno 5 delle 7 città capoluogo in cui il centrosinistra si presenta in vantaggio già al primo turno (Como, Verona, Alessandria, Parma, Cuneo, Piacenza, Lucca), di cui solo due (Cuneo e Lucca) hanno un sindaco progressista. Per tenere in piedi il sogno del «campo largo», due vittorie sono imprescindibili: Verona e Alessandria, dove il Pd corre a braccetto coi 5 Stelle.

Giuseppe Conte

Il conto riservato all’ex presidente del Consiglio da questa tornata di elezioni amministrative si era già rivelato salatissimo ancor prima del primo turno.

Il Movimento Cinque Stelle da lui guidato si è presentato al voto praticamente senza candidati sindaci e con presenze sulla lista elettorale ridotte quasi al lumicino.

La performance nelle urne ha peggiorato un quadro di per sé drammatico,

con sofferenze che la scissione di Luigi Di Maio non ha fatto che acuire. Ribaltare una sconfitta conclamata è impossibile ma la strada per uscirne quantomeno a testa alta non è del tutto sbarrata. Occhio quindi ai candidati sindaci sostenuti dal M5S insieme al Pd: da Damiano Tommasi (Verona) e Giorgio Abonante (Alessandria), che partono in vantaggio; da Domenico Marzi (Frosinone) e Nicola Fiorita (Catanzaro), che invece inseguono. Con un incredbile en plein, l’avvocato del popolo ritroverebbe un mezzo sorriso.

Carlo Calenda

A 10 anni dalla «foto di Vasto», che scandì il tempo dell’ascesa e poi del rapido tracollo del vecchio centrosinistra a trazione Bersani-Vendola-Di Pietro, alle 23 di stasera, a urne chiuse, in tanti passeranno in rassegna la «foto di Lucca», che ritrae Calenda e Letta insieme al comizio di chiusura del candidato sindaco del centrosinistra Francesco Raspini. Nel primo turno, il leader di Azione ha testato «la scelta molto radicale» (ipse dixit) di andare da solo a L’Aquila, Palermo, Catanzaro e Parma. Stasera guarderà a Lucca per capire l’effetto che fa vincere o perdere a braccetto col partito che l’ha candidato alle Europee, di cui però non condivide l’alleanza con i 5 Stelle. Se il centrosinistra vincesse nel capoluogo toscano e arretras-se là dove c’è lo zampino di Conte, Calenda avrebbe solo da premere «invio» sui tweet che gli vengono ormai in automatico. In caso contrario, continuerà a tessere la tela riformista. Rigorosamente, senza Di Maio.

26 giugno 2022 (modifica il 26 giugno 2022 | 07:36)

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