Armi a Kiev, maggioranza in tilt: ancora nessuna intesa sulla risoluzione

Alla fine l’intesa è stata raggiunta. In extremis, dopo l’intervento di Mario Draghi, ma il risultato consente di presentare un atto parlamentare unitario della maggioranza che verrà votato questo pomeriggio al Senato. Si risolve così uno snodo complesso, che ha richiesto ore di mediazioni e che, a pochi minuti dalle comunicazioni del premier a Palazzo Madama, era ancora in alto mare.

“Ascoltiamo Draghi, poi decideremo”, aveva detto il senatore Federico Fornaro, esponente di Leu. Alla fine, dopo due sospensioni (e dopo un’interruzione per dare modo ai 5 Stelle di convocare d’urgenza il Consiglio Nazionale del Movimento) la riunione tra maggioranza e governo è ripresa per raggiungere il risultato sperato. È questa la cronaca di una mattinata più che complicata per i partiti che sostengono Draghi, convocati a Palazzo Cenci dal ministro Federico D’Incà e dal sottosegretario Vincenzo Amendola per trovare l’intesa sulla risoluzione sull’Ucraina da presentare al Senato dopo l’intervento del premier in vista del Consiglio europeo del 23-24 giugno. Ad un certo punto della giornata è circolata anche l’ipotesi di un voto per parti separate: sarebbe stato un escamotage che avrebbe permesso in particolare al M5s e a Leu di mantenere i propri distinguo sulla guerra in Ucraina. Non ce n’è stato bisogno, però, perché il compromesso è stato raggiunto, evitando ulteriori spaccature.

Il nodo della discussione

Riavvolgiamo il nastro della discussione. La bozza del documento congelato ieri sera dopo 6 ore di riunione non definiva, come avrebbero voluto i grillini, il ritorno in Parlamento di Draghi alla vigilia di ogni vertice internazionale e a fronte di nuovi invii di armi all’Ucraina. Il governo ritiene che non sia necessario questo passaggio e rimanda al decreto Ucraina approvato a fine febbraio. Per questo i 5S si sono riuniti in Consiglio nazionale per decidere come comportarsi. Intanto il Pd assicurava: “L’accordo c’è, si stanno definendo le ultime parole”, affermava il senatore dem, Alessandro Alfieri. Da Leu Federico Fornaro rimandava tutto al discorso del premier: “Ascoltiamo la relazione di Draghi e poi verrà depositata una risoluzione. Che sia unitaria resta l’obiettivo”.

Secondo Alfieri, l’obiettivo della mediazione tra governo e maggioranza è quello di dare “un mandato pieno a Draghi in vista di un Consiglio Ue molto complicato, con un conflitto nel cuore dell’Europa”. Per completare, dunque, la risoluzione da mettere ai voti questo pomeriggio “mancano i dettagli. Sono solo questioni tecniche perché tutti condividiamo la necessità di coinvolgere il Parlamento. C’è la consapevolezza di tutti che non si può scherzare nè sbagliare, abbiamo bisogno della massima certezza sui passaggi giuridici”.

Il testo della risoluzione

Considerato che “il Consiglio europeo tornerà ad affrontare gli sviluppi della guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e le sue conseguenze per riaffermare il sostegno dell’Ue al popolo ucraino, a partire dal raggiungimento del cessate il fuoco; impegno che il governo italiano persegue in maniera unitaria nei vertici dell’Ue e della Nato, con i seguiti delle recenti visite a Washington e a Kiev del presidente del Consiglio e il lavoro della diplomazia italiana e dei ministri competenti”. È l’incipit della bozza di risoluzione della maggioranza riguardo la guerra in Ucraina che accompagnerà le comunicazioni del premier Mario Draghi in vista del Consiglio europeo. Al momento la risoluzione resta incompleta perché manca tra gli impegni che si chiedono al governo ancora la parte relativa al coinvolgimento del Parlamento.

La polemica

Critica i 5 Stelle il leader di Italia viva. “Oggi si vota in Aula sulle dichiarazioni di Draghi. Il Movimento Cinque Stelle ha fatto precedere questa giornata da una indecorosa tarantella interna”, attacca Matteo Renzi nella sua Enews. “I grillini – prosegue – usano le grandi questioni internazionali come alibi per capire chi farà le liste il prossimo anno e quante deroghe ci saranno al principio dei due mandati”.

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