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Argentina, in migliaia in piazza contro il carovita: chiedono un salario minimo più alto e un reddito di base universale

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Un presidio di fronte alla Casa Rosada, residenza del Capo di Stato dell’Argentina, per chiedere misure di sostegno contro la povertà, caro vita e inflazione. I sindacati e le associazioni che non appoggiano il presidente Alberto Fernandez, riunite nella sigla Unidad Piquetera, hanno lanciato questa iniziativa per sensibilizzare l’esecutivo e chiedere soluzioni al malcontento sociale che dilania il Paese. Le parti sociali, come ricordato da Euronews, ritengono che il salario minimo dovrebbe essere tarato in modo da essere superiore alla spesa media e che gli assegni di emergenza debbano essere estesi. Nelle ultime settimane migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires per chiedere un reddito di base universale.

La situazione economica dell’Argentina è grave a causa dell’assenza di riserve nelle casse della Banca Centrale e della cronica debolezza della valuta nazionale, il peso. Il problema di fondo, come già avvenuto in passato, è la mancanza di fiducia nella capacità del governo di mettere in atto un piano economico credibile. La nazione non è riuscita a sfruttare il potenziale derivante dalle proprie risorse naturali e dall’export agricolo per la mancanza di dollari necessari per gli investimenti e le importazioni del settore industriale. Sullo sfondo, poi, c’è anche l’aumento dei costi energetici derivanti dalla guerra in Ucraina a fare da zavorra al sistema produttivo locale. Secondo Diego Sanchez-Ancochea, professore di Economia Politica ad Oxford sentito da El Pais, “l’Argentina vive uno stato di crisi permanente che, nonostante alcuni tentativi di soluzione, continua ad essere presente”.

Il presidente Fernandez, a capo di un’amministrazione di centrosinistra, è sempre più isolato sia all’interno del governo che nel Paese. Le dimissioni del ministro dell’Economia, Martin Guzman, che ha lasciato l’incarico dopo i contrasti con la vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner in merito all’implementazione di tagli e di una politica fiscale di austerity, hanno privato Fernandez di un importante alleato. La Fernandez de Kirchner, già presidente per due mandati tra il 2007 ed il 2015, è una presenza ingombrante nell’amministrazione date le sue note ambizioni nei confronti della carica presidenziale. Il capo di Stato è in difficoltà anche sul piano dei consensi che, come chiarito da un sondaggio pubblicato su Orf Online, sarebbero fermi al 25%.

Il ritorno al potere dei Peronisti nel 2019, dopo la sconfitta del presidente di centrodestra Mauricio Macri, non è stato indolore. L’amministrazione Macri aveva accettato un prestito del Fondo Monetario Internazionale, per un valore complessivo di 57 miliardi di dollari, che avrebbe dovuto essere utilizzato per accrescere la liquidità e stabilizzare il peso ma che poi era stato impiegato per ripagare alcuni debiti. Il Fondo aveva, peraltro, giocato un ruolo importante anche nella monumentale crisi del 2002 e nel successivo default che aveva costretto l’Argentina ad implementare un piano di 12 anni per ristrutturare il suo debito e ripagare il 93% dei creditori. Nel gennaio 2022, dopo mesi di negoziati, il presidente Alberto Fernandez ha annunciato la stipula di un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per ripagare il debito. L’intesa è stata raggiunta all’ultimo momento, proprio nel giorno in cui scadevano i termini ultimi per versare quanto dovuto. L’Argentina avrebbe dovuto ripagare, nel 2022, 19 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale. Una prospettiva equiparata da Fernandez, come riportato dal Buenos Aires Times, ad “una spada di Damocle e ad una corda intorno al collo”. “Senza un accordo – aveva aggiunto Fernandez – non ci sarebbe potuto essere un orizzonte per il futuro e la possibilità di intervenire sul presente”.

L’Argentina, secondo i dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica, ha ridotto il tasso di povertà della popolazione passato, nel corso del 2021, dal 40,6% dei primi mesi al 37,3% di fine anno. Un esame più approfondito di questo parametro rivela la presenza di profonde disuguaglianze relative alla fascia di età dei cittadini. Un under 14 anni su due vive in condizioni di povertà e lo stesso discorso vale per il 44% di chi ha tra i 15 e i 29 anni, mentre solamente il 13% degli over 65 è povero. I dati macroeconomici relativi al tasso di disoccupazione, ridottosi al 7%, il livello più basso dal 2016, e al prodotto interno lordo, cresciuto del 10,3% nel 2021, appaiono più incoraggianti.

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