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80 anni Werner Herzog, esploratore dell’impossibile

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 Se c’è un regista per cui vale la definizione « la sua vita è un romanzo » questi è il tedesco Werner Herzog che il 5 settembre compie 80 anni. Insieme a Wim Wenders e Rainer Werner Fassbinder ha incarnato il « nuovo cinema tedesco » ispirato all’inizio degli anni ’70 dal maestro Alexander Kluge, un movimento che poi avrebbe avuto il contributo di altri nomi noti al grande pubblico come Péter Fleischmann, Volkert Schlondorff, Margarethe von Trotta. Ma fra tutti questi Herzog si distingue per originalità, irrequietezza, stile e attaccamento alla vita. Perché quello della triade che ha affrontato tra vita e romanzo più volte la morte resta oggi il più vitale e moderno dei tre. Non solo per le sue opere molte delle quali sono ormai parte della storia del cinema, ma per la curiosità che guida da sempre la sua anima errante.

    Per chi ama il cinema, titoli come “anche i nani hanno imparato da piccoli” (girato in Africa nel 1970), “Aguirre furore di Dio”, “La ballata di Stroszek”, “Nosferatu”, “Fitzcarraldo”, “Cobra verde” sono indimenticabili successi, spesso legati a due attori/feticcio: il non professionista Bruno S. incontrato per “L’enigma di Kaspar Hauser » e l’amico/nemico di gioventù Klaus Kinski con cui litigò a morte durante le avventurose riprese di « Fitzcarraldo ».

    La vita di Herzog (tre mogli, tre figli, due fratelli e una sorella) è comunque la vera leggenda. Racconta spesso di aver visto il primo film (un documentario) a 11 anni, la prima automobile a 12, il primo telefono a 17 e di aver deciso della sua vita leggendo la voce « cinema » sull’enciclopedia. Rubo’ la sua prima cinepresa alla scuola di Monaco, vince l’orso d’argento al festival di Berlino con il suo primo film sperimentale « Segni di vita » del 1967.

    Innamorato di Bruce Chatwin (a cui ha anche dedicato un film) ne ha sempre seguito le orme, attraversando a piedi praticamente tutto il mondo. Ha diretto regie d’opera senza conoscere nulla della musica (che è oggi la sua grande passione), ha girato un documentario nel cuore di un vulcano sul punto di esplodere, ha vissuto tra i pigmei e gli eskimesi, gli aborigeni e gli indios dell’ amazzonia, è sceso nelle grotte preistoriche di Chauvet per riprenderle in 3D nel capolavoro « Cave of forgotten Dreams ». Negli anni 2000 è tornato in America (dove aveva passato parte dell’adolescenza) accettando di misurarsi con il cinema hollywoodiano e quello indipendente tra « Il cattivo tenente » e « Into the abyss », mischiando come suo costume fiction e documentario. Gli appassionati del suo cinema possono ritrovarlo in gran parte grazie alle preziose versioni italiane curate per l’home video da Viggo Pictures. Oggi sembra un uomo tranquillo ma il fuoco della scoperta arde ancora. Una sorpresa con lui è sempre dietro l’angolo come quando nel 2018 decise di immortalare Gorbaciov in un’intervista che rimane il bilancio di una vita e di un’ utopia. Quale sarà il prossimo passo? 



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